da Milano
Pochi tra i grandi autori del secolo appena trascorso vissero della felice ambiguità di Hermann Broch. Capace, nella sua breve parabola terrena (lo scrittore tedesco ci ha lasciato nel 51 a soli sessantacinque anni), di trascorrere dallanalisi spietata dei meccanismi del capitale ai grandi interrogativi sul senso dellumana esistenza sprofondata nel silenzio di una natura da cui è assente il palpito di Dio. Dalla trilogia dei Sonnambuli, dove lascesa e caduta della borghesia si compie nella parabola attribuita, nel titolo, ai superstiti del primo conflitto mondiale fino al lucido saggio testamentario della Morte di Virgilio in cui il grande poeta latino sinterroga sullenigma delluniverso che è lecito scorgere attraverso il frammento isolato dellarte, Broch continua a sedurci passando senza colpo ferire dallelegia disperata tipica dei romantici allapparente culto delleconomia. Come accade, tra laltro, in questo Inventato di sana pianta che ora Luca Ronconi, dopo la sua recente esplorazione nei territori sconfinati del numero, ridotta da tempo la rivolta a pura Utopia, presenta al Piccolo. In una cornice scenografica che si rifà palesemente alle tre stanze in continua mobilità orizzontale sfruttata nel Silenzio dei comunisti, il regista comè sua ben nota abitudine congela in unatmosfera rarefatta la parabola di un geniale truffatore, da Broch ricalcata nel 34 sul grande modello del Marchese di Keith scritto da Wedekind trentanni prima. Il quale, approdato in un albergo del libero scambio non solo delle coppie ma delle quotazioni di mercato, riesce a conquistarsi la fiducia di un banchiere fallito evitando a se stesso e ai suoi nuovi complici il disonore senza scampo del suicidio prima di salpare verso nuove avventure. E qui veniamo al nodo focale di una rappresentazione, giustamente accolta da grandi applausi. Perché se la messinscena è impeccabile e del cast, ad eccezione della mediocre prova di Giovanni Crippa, non si può dire che bene, le cose cambiano quando ci si accorge con rammarico che il regista ha scambiato - per sua stessa ammissione - lamarissimo doppio fondo di un testo che gioca a rimpiattino con lidea della dissoluzione fisica e psichica dellumanità per una commedia di Ernst Lubitsch. Che, nei suoi film, giocava con levità da biscuit sui qui pro quo di una seduzione amorosa del tutto aliena dai giochi mortali del Capitale. Ne è derivato uno squilibrio di fondo nel doppio maschile Popolizio-De Francovich agìto con una perizia da manuale ma acceso solo a tratti dal pathos tragico che traligna dalle squisite righe di Broch.
INVENTATO DI SANA PIANTA - di Herman Broch Piccolo Teatro di Milano. Regia di Luca Ronconi. Al Teatro Grassi fino al 5 aprile.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.