Il rosé non è più un frizzantino

Champagne rosé sulla cresta dell'onda. Rotto il legame di esclusiva con gli eventi, la bollicina rosa è più che mai oggetto di piacere. E vola: rispetto al 2005 c'è stato un ulteriore incremento e le quasi 10 milioni di bottiglie di rosé esportate (su 321,6 milioni totali di champagne) sono state bruciate. Quasi mezzo milione dall'Italia, in un crescendo inarrestabile che ha avuto inizio da un modesto 1,61% nel 2000. La bollicina rosa piace sempre di più; anzi fa tendenza, nonostante costi mediamente il doppio rispetto all'omologo blanc. Per Chiara Giannotti di Fazi Battaglia «il successo del rosé va ricercato nella sua personalità unica. È un vino molto piacevole e delicato che, dopo aver sofferto di sottostima da parte di critica e pubblico, si è liberato dell'etichetta di ibrido per far valere le sue doti di freschezza, eleganza. Ed è partita la corsa al rosé».
Lo champagne rosé conquista per la piacevolezza: l'acidità più bassa rispetto al bianco e la grande morbidezza sono dovute alla vinosità del Pinot Noir vinificato in rosso, aggiunto per colorare lo champagne. Già, perché la celebre bollicina gode di deroga alla legge europea in materia di produzione di vino, che per i rosati vieta si faccia una mera miscela di mosto bianco e rosso. Lo champagne rosé invece, è prodotto per assemblaggio di mosto bianco con rosso prima della seconda fermentazione in bottiglia, che porterà alla definizione del carattere e alla presa di spuma. Unica eccezione i rosé de saignée, prodotti per macerazione di uve a bacca rossa.
Le grandi maison hanno almeno un'etichetta rosé. Veuve Clicquot, forte della primogenitura, ne propone ben tre: Brut Rosé, Millesimato e Grand Dame, la cuvée che omaggia Barbe Nicole Ponsardin, meglio nota come Madame Clicquot. Quest'ultimo è sul mercato con il millesimo 1998, eccellente capace di invecchiare benissimo e perfetto per accompagnare piatti importanti. Da un omaggio a un'altra donna vede la luce nel 1987 la prestigiosa Grand Siècle Alexandra, che celebra le nozze della figlia di Bernard de Nonancourt, patron di Laurent Perrier. È uno champagne monumentale. Caratteristiche analoghe, anche se in scala ridotta, nell'ottimo Rosé Brut, prodotto per macerazione. Stessa tecnica (saignée) anche per il Grand Cru di De Saint Gall, etichetta di qualità sorprendente prodotta da questa grande cooperativa, la Union Champagne, e per il Rosé de Saignée di Duval-Leroy. La maison, definita «astro nascente della Côte de Blancs», ha stupito con questa etichetta che vanta anche il miglior rapporto qualità/prezzo. Legame tra donne e rosé anche in casa Billecart-Salmon: Elisabeth è la cuvée millesimata intitolata dal fondatore François Billecart a sua moglie. Il 1998 conquista per il perfetto equilibrio tra vinosità ed eleganza, tra piacevolezza e complessità. La stessa maison di Mareuil-sur-Aÿ propone anche il Brut Rosé non millesimato, che al successo di pubblico aggiunge le preferenze da parte di molti enologi francesi.
All'appello dei rosé non può mancare Moët & Chandon con il Rosé Imperial, splendido per freschezza e personalità costante e ben definita, e la rara versione rosé del Dom Perignon. Doppia proposta anche da parte di un'altra importante cooperativa, Nicolas Feuillatte. Il Brut Rosé è fresco e leggero, la maestosa Palmes d'Or 2002 potente e magnifica grazie alla vinosità tutta frutto di Pinot Noir.
Alla logica del rosé si son convertite, riuscendo benissimo, anche Bollinger (Grande Année) e Gosset (Grand Rosé) e due cuvée di prestigio come Belle Epoque (Perrier-Jouet) e Cristal (Roederer) non hanno resistito al fascino del rosa. Finale col botto con il Dom Ruinart Rosé, etichetta di punta della maison più antica di Champagne (1729). Ritenuto il massimo del suo genere, è prodotto solo nelle annate migliori, con l'ultimo millesimo rilasciato (1990) che dimostra grande vitalità e un'incredibile fragranza. È uno champagne emozionante e a breve è atteso l'arrivo della mitica annata 1996.

Lo chef de cave della maison, Jean Philippe Moulin, ritiene che il successo dei rosé vada ricercato «nella maggiore accessibilità rispetto agli champagne blanc grazie al gusto fruttato, che ha fatto presa soprattutto su donne e giovani», mentre a proposito del maggiore costo e del ridotto numero di bottiglie prodotte ribadisce che «il rosé nasce da vigneti più vecchi di Pinot Noir che hanno bisogno di particolari cure e in cantina servono attrezzature complesse e capacità non comuni». Ma in Francia Le Figaro lancia l’allarme: «Il rosé potrebbe essere vittima del suo stesso successo».

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