Rosolino: «Non farò come Thorpe perché amo la fatica e... il ballo»

«Ci sono giovani che lasceranno dopo di me». E alla Federazione: «Deve investire, abbiamo bisogno di coccole»

Riccardo Signori

Buongiorno Rosolino, come si sta senza Thorpe fra i piedi?
«Dispiaciuto dal punto di vista umano, ma ci siamo tolti di torno il pesce più grosso: dai 100 ai 400 stile libero era un bel macigno».
Sorpreso?
«No, ho sentito che non ce la faceva più mentalmente. Peccato non gli piaccia più, che l’amore diventi odio. Non credo nemmeno fosse oppresso dall’idea dei mondiali a casa sua, in marzo. Ho visto che, con pochi mesi di allenamento, ha realizzato tempi per lui mediocri, per noi discreti».
E se tornasse ai giochi di Pechino?
«Non ne sarei meravigliato. Tutto è possibile, magari senza pressioni addosso ritroverà il piacere del nuoto».
Cosa ha rappresentato Thorpe?
«Uno dei dieci personaggi più conosciuti nell’olimpo dello sport. Schumacher e Valentino Rossi hanno sotto cavalli motore, lui solo due braccia e due gambe. Per me rimane uno dei più grandi campioni in assoluto».
È servito al nuoto?
«Certo, ha creato interesse, trascinato. È andato a Hollywood, faceva record, ha alzato il livello degli sponsor, lo chiamavano Tonno, Piedone, tutto serviva. Anche se l’idea del Piedone lo faceva arrabbiare. Quando lo intervistavano, l’ufficio stampa diceva: vietate le domande sui piedi».
Thorpe smette a 24 anni, Rosolino continua a 28. Strano?
«Molte persone più giovani di me smetteranno prima. E non perché io mi trascinerò come un cavallo ferito. Dipende dalla mentalità. Tanti vogliono solo vincere e guadagnare. Non amano nuotare. Dico nuotare, non il nuoto. A me piace andare in acqua per allenarmi forte, sentire la fatica. Tutto per la gara. In Italia sono stato il primo a credere nella preparazione a secco, a 15 anni mi portavo la borraccia a bordo vasca con gli integratori. Mi dicevano: metti muscoli, diventi pesante, vai a fondo».
Invece è ancora a galla: già stabilito il futuro da qui a Pechino?
«A marzo, ai mondiali di Melbourne, farò il 740. Nuoterò 200 e 400 metri. Ho intensificato gli allenamenti nel volume, poi penserò alla qualità. Voglio vedere dove arrivo».
Sennò si imporrà una scelta?
«Certo, ai Giochi ci saranno troppe gare in una settimana. Le finali saranno di mattina e noi italiani nuotiamo meglio al pomeriggio. Dovremo rivoluzionare gli allenamenti: tutti di mattina».
Non sarà come ballare in tv...
«Eppure Ballando con le stelle mi è servito: ho cambiato dieta, sono stato costretto al massaggio domenicale, ho avuto vantaggi nel nuoto di gambe. In questo momento la mia vita è bellissima e pienissima. Vado a mille, ma ho rispetto per il mio corpo. Io sono così: o vado a 100 all’ora o mi fermo».
Intanto ballare con la Titova è sempre un bel ballare...
«Però devo stare attento, il ballo ti ammazza. Mi alleno un’ora al giorno, in più ci metto l’allenamento del nuoto: diciamo 4 ore. La cosa più divertente è ballare con la Titova: ci somigliamo nel carattere. Ci divertiamo, siamo due che amano faticare e io per lei sono la clinica della felicità».
Poi c’è lo spettacolo...
«Quello mi diverte meno. Abolirei i tempi televisivi, ma capisco che è più importante interrompere, raccontare, parlare mentre ci alleniamo. Mi piacerebbe allenarci senza fermarci».
Sente la tensione?
«Un po’ sì. Ma la tv è servita anche per quello. Pure gareggiare è stressante, però mi piace. Anzi, credo che un giorno lo stress mi mancherà».
Certe volte Rosolino e la Titova sembrano due contro tutti...
«Lei, fra i maestri, è la più brava. L’ho seguita anche nel passato. E gli altri ci tirano contro apposta. Talvolta esagerano. Anche i giudici. Non ricordano mai che sia io sia lei abbiamo avuto problemi da risolvere».
Invece gli altri?
«Basta che qualcuno si metta a piangere, che faccia gli urletti quando passa il turno...».
Allude alla May?
«Basta vedere il programma per capire. Ogni tanto sono stupito: gente che ha vinto mondiali, medaglie olimpiche... Io mi comporto da atleta. Anche l’ultima volta: ho vinto grazie al televoto, però mi sono imposto di non esultare o gioire, proprio per rispetto degli avversari».
E quando tornerà al nuoto?
«Mi ritroverò in quel mondo un po’ ruspante, ma rimasto indietro con i tempi».
Vale a dire?
«Io ho uno staff, sto attento alla dieta, uso il fisioterapista. Quando siamo in nazionale ti sembra di tornare indietro nel tempo. Curi la dieta, eppoi vai in posti dove non c’è neppure la pasta e mangi panini. Il nuoto è cresciuto a tutti i livelli. Non si può seminare solo con i risultati. Bisogna investire in altre cose».
È un malessere che, da qualche tempo, accompagna voi azzurri. Cosa succede?
«Manca un compromesso fra come siamo e come dovremmo essere. Serve una coccola, senza che diventi un vizio.

Devono darci certe cose, non perché ci spettano, ma perché servono. Ogni tanto viaggiamo con valigie pesanti 20 kg, ma 5 di questi sono generi alimentari. Li portiamo per stare tranquilli. Un problema a cui non dobbiamo pensare noi atleti. Ma un dietologo federale. Chiaro?».

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