Rossi o neri: quando il calcio è solo politica

Dai saluti di Lucarelli e Di Canio allo schiaffo al macedone Pandev

Rischia di cadere nel ridicolo Livorno-Lazio, partita di calcio che dovrebbe esaltare le giocate dei protagonisti e che invece si trasforma, puntualmente, in una sfida dove primo attore diventa il becero campanilismo politico, rossi da una parte, neri dall’altra. Beninteso, questo non è un attacco alla politica, ma siamo fermamente convinti che il football debba restare tale, scavalcando isterismi di sorta e rusticani duelli fra la sinistra e la destra. Sì, è assodato: la tifoseria labronica esulta col pugno chiuso e una frangia di quella biancoceleste si sente legata all’estrema destra, ma questo c’entra - meglio, dovrebbe entrarci - ben poco con i gol e lo sport più amato dagli italiani. L’amarcord delle recenti sfide fra le due squadre parla chiaro: da una parte vengono ricordate le istantanee che immortalano vessilli con svastiche, croci celtiche e perfino quella di un inquietante striscione («Roma è fascista»), dall’altra fermo-immagini che raffigurano bandiere rosse, pure quelle ormai introvabili dell’ex Cccp e drappi con la falce e il martello. E diventa quasi inutile rammentare le figure di Paolo Di Canio e Cristiano Lucarelli, ultimi giocatori simbolo dei due club, dichiaratamente schierati uno da una parte, l’altro dall’altra. Per tacere delle immancabili discussioni del post partita, figlie di discorsi più o meno partigiani e mai d’una giocata d’autore.
Sì, l’allegria dopo una rete venne vivisezionata dalle moviole... ma solo perché il goleador di turno, il macedone Pandev, fu rincorso per settanta metri da un’area all’altra e schiaffeggiato da Lucarelli, cui non era proprio piaciuta l’esultanza che l’attaccante laziale aveva dedicato alla platea dell’ex Ardenza. Lì, dentro lo stadio che oggi si chiama Armando Picchi e che fra pochi giorni ospiterà di nuovo il match, il lazialissimo «Paolo il caldo» salutò romanamente i fan da trasferta e gli amaranto della curva ostentarono maglie rosse col Che; e quando arrivano i laziali lì, nella tana del Livorno, alcuni allibratori accettano scommesse pure per l’opzione «in caso di incidenti».
Ovvio, con quotazioni irrisorie, perché Livorno-Lazio è una di quelle partite dove può accadere tutto e il contrario di tutto.

Purtroppo solo sugli spalti, o vicino allo stadio, o alla stazione ferroviaria, come accadde a ruoli invertiti, a Roma, al capolinea ferroviario di San Pietro, quando per 288 tifosi ci fu prima l’indagine e poi l’archiviazione del caso.

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