Rossi si confessa: "Nel MotoGp è tutto più difficile. Noi vecchi dobbiamo adattarci"

Parla Valentino, l'ex re delle due ruote che arriva al Mugello da inseguitore del ragazzino Stoner: "Lui è davvero bravo, ma è la Ducati a fare la differenza"

Rossi si confessa: "Nel MotoGp è tutto più difficile. Noi vecchi dobbiamo adattarci"

È un Valentino che non t'aspetti, quello incontrato alla vigilia del Gran premio verità, l'amato Mugello, casa sua; un Valentino non più re, reduce da un periodo che proprio non gliene va dritta una. Di come viva e gioisca il campione vincente si sa tutto; di come viva e soffra il campione sconfitto si sa molto meno. Eppure, benché temporanea, è questa la nuova, inaspettata dimensione del Fenomeno: lo dimostrano il mondiale perso all'ultima gara lo scorso anno, il campionato iniziato con la voglia matta di menare sberle a tutti e che invece, vuoi una Ducati missile, vuoi un Casey Stoner sorprendente, sta diventando difficile, complicato, sofferto. Più che indizi, dati di fatto che ci restituiscono un campione più umano, più semplice, «ma io sono sempre stato così, con i miei cari, con la famiglia, è che alla gente piace vedermi solo in un modo, come se avessi sempre diciotto anni». E allora eccolo il Valentino vero.

Non si offenda, però manca il re. Il motomondiale non è abituato a simile rivoluzioni. Lei regnava da dieci anni...
«L'idea del dominatore, del re, è un concetto che fa molta presa sulla gente. Ed è giusto che la sensazione dei tifosi sia questa: perché non sono più il campione del mondo. Non solo: sicuramente sono passati gli anni in cui vincevo a mani basse, perché c'è stato un ricambio generazionale. Un po' come in F1. Anche Schumacher, prima del ritiro, aveva vissuto un periodo simile».

Come lo spiega?
«Nel motomondiale, adesso, è più difficile: stanno cambiando i regolamenti e le motociclette, per cui per i giovani che arrivano è più facile adattarsi velocemente. Diciamo che il vantaggio dato dall'esperienza di noi senatori è... come dire... un po' andato a farsi friggere. Adesso devo riuscire, io come gli altri che corrono da anni, a reinventarmi; devo capire come si guidano moto diverse, devo poter migliorare ancora. Alla fine, guardando al campionato, diventa una competizione più bilanciata, più stimolante».

Ha parlato di Schumi. Però il tedesco non è riuscito a ritirarsi da numero uno.
«Ha lottato con un giovane campione come Alonso, e con Raikkonen; e, comunque, se non avesse rotto il motore a Suzuka, Michael avrebbe vinto il mondiale. Per cui, anche non trionfando, si è ritirato da numero uno».

Dieci anni al vertice: la gente si è accorta che lei è cresciuto, che non è più il ragazzino vestito da Robin Hood?
«Penso che il pubblico non si accorga di questi cambiamenti. Per la gente io sono solo Valentino Rossi il pilota di moto. Del resto, di come sono veramente, se sono cresciuto o no, penso che non importi... Ma va bene così, è giusto così: ho 28 anni e ne avevo 18; sono passati dieci anni di una vita molto intensa ed è normale crescere ed è normale che il pubblico non mi conosca veramente. Anche perché ho protetto il mio privato dalle strumentalizzazioni».

Ma c'è qualcosa che le sarebbe piaciuto fosse arrivato al pubblico?
«Sì, la mia normalità».

Vuol dire che ha scoperto divano e pantofole?
«Le pantofole no. Con il passare degli anni, la voglia di stare sempre in giro, di fare casino è diminuita... sono sicuro che questo è un male, però ho scoperto la bellezza di guardare un film davanti al caminetto, piuttosto che discoteca e ristorante».

28 anni, avrà amici che pensano al matrimonio, ai figli. Spaventato?
«No, non ho paura di questo perché proprio non ci penso: ho ancora cinque o sei anni da dare...» (ride).

In attesa che cambi idea, c'è qualcosa che le piacerebbe dire a suo figlio, un giorno, riguardo le imprese di papà?
«Il bello è che lo scopra da solo: non ho conquistato tutto quello che ho ottenuto per i miei figli... l'ho fatto solo per me».

A proposito del vero Valentino, e l'imitazione su «Striscia la notizia»?
«Non mi piace proprio per niente. Si vede: chi mi imita non sa assolutamente come sono. E mi girano le scatole quando qualcuno mi ferma e mi dice che l’imitazione è proprio giusta, che quello sono io... Ma dove? Gli rispondo».

Restando nel mondo dello spettacolo: negli spot lei buca il video, la stuzzica un futuro nello showbusiness?
«Potrebbe essere. Anche perché, purtroppo, quando giro gli spot ho ben altro per la testa: penso solo alle gare. Lo spettacolo potrebbe essere una bella esperienza, però mi piacerebbe soprattutto fare radio... mi riesce bene parlare con la gente».

Domani le prove, domenica il Gp del Mugello. Era la sua gara di casa; ora lo è anche della Ducati di Stoner. Più casa sua o più casa Ducati?
«Sono curioso di vedere come si divideranno i tifosi. Fino ad oggi era stata più casa mia. Naturalmente, gli italiani più patriottici e i ducatisti, avendo un pilota così in forma e una moto così veloce, faranno il tifo per loro. Diciamo che mi piacerebbe lottare contro la Ducati come accaduto negli ultimi anni con Capirossi: quelle battaglie belle e vere. Purtroppo, però, le moto attuali stanno prendendo una strada che sarà molto negativa per lo spettacolo di questo sport nei prossimi anni».

Lancia un allarme? Sembra che questi mostri livellino le doti dei piloti. Chi è fuoriclasse fa meno la differenza, chi è un buon pilota sembra un fuoriclasse.
«Sì, ora è più faticoso fare la differenza. Intendiamoci: per andare forte con queste moto bisogna essere bravi, però in passato l'uomo metteva più del suo. Adesso c'è tanta elettronica, c'è la gomma giusta, purtroppo ci stiamo avvicinando alla F1».

Rossi contro Stoner, o Rossi contro la Ducati?
«Casey è tosto. Riviste le gare in tv, è la Ducati che fa la differenza, ma lui è davvero bravo. E poi andiamo d'accordo fuori pista».

Lo sa che a Borgopanigale, fabbrica Ducati, gli operai la vogliono ma solo dopo aver vinto il titolo senza di lei? Perché non si dica che...
«Quei ragazzi hanno fatto un lavoro incredibile; la loro moto può davvero vincere il mondiale. Capisco la fierezza degli operai e mi fa piacere che mi vogliano. Sarebbe bello, però dovrei tradire la Yamaha, dovrei tradire la mia gente, persone con cui ho vissuti momenti bellissimi... Più che altro è questo il mio grande dubbio».

Concluderà la carriera con

la Yamaha?
«Per me sarebbe dura andare a correre con la Ducati. Sarebbe un po' come Ronaldo dall'Inter al Milan».

Scusi, ma Ronaldo ora è al Milan...
Ride. «Va bè, bisognerà vedere».

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