Rossi si presenta in Procura «Ecco le carte della società»

Per spostare capitali Cipriani aveva preso domicilio in casa della nuora di Gelli

da Milano

Guido Rossi va in Procura. E porta le carte Telecom con un report di quanto accaduto negli ultimi mesi. La mossa è chiara. Collaboriamo con la magistratura, pronti a mostrare fatture, carte, bilanci. Rossi non inventa niente di nuovo. Né per se stesso visto che con i sostituti procuratori ci è andato sempre sottobraccio. Né per Telecom visto che da mesi la società ha l’ingresso riservato per le forze dell’ordine con ordini di esibizioni e acquisizione. Ma la strada è tutta in salita e il professore lo sa bene. Con gli esperti dell’ufficio legale si è infatti letto e riletto le 344 pagine di ordinanza scaricabile da internet. E sa che stavolta non ha di fronte l’alleato Francesco Greco nella guerra ai furbetti dell’Antonveneta. Ma sostituti e gip dubbiosi che Tavaroli-Cipriani fossero un oliato tandem sganciato dal management dell’azienda.
Basta riportare alcune dirompenti frasi del gip Paola Belsito che suonano come sentenze: «Rapporto fiduciario assai forte quello esistente tra gruppo e singolo dirigente (Tavaroli, ndr) e che consentiva a Tavaroli di fare e disfare con grande libertà di azione». Ancora: «Tavaroli non si preoccupava di superare il budget attingendovi senza limiti». Provate a sforare nell’azienda dove lavorate. Il capo vi chiama in 5 minuti. «Un potere di spesa che era espressione del rilevante potere decisionale riconosciuto a Tavaroli». «Tavaroli sceglieva con una certa disinvoltura anche la società, all’interno del gruppo Pirelli Telecom, cui imputare la fantasiosa fatturazione estera del Cipriani». E infine la più netta: «Non si può dubitare che nella stragrande maggioranza dei casi le investigazioni affidate alla Polis d’Istinto avessero come destinatario, come soggetto interessato a ottenerle, qualcuno posto al di sopra di Tavaroli».
Lui si difende e indica Carlo Buora. Altri manager dicono che riferiva a Tronchetti Provera. La verità? Guido Rossi ha portato anche le relazioni del Cda dell’11 e del 15 settembre. Quelli indicati proprio dall’ex presidente come i documenti chiave per capire il suo passo indietro. Perché ormai è chiaro che qui va cercato il codice per decifrare la scelta del manager di farsi da parte. Clamorosamente. Dopo aver denunciato l’assalto dei giornali di De Benedetti. Dopo la guerra con il presidente del Consiglio. Dopo i lunghi silenzi di preziosi alleati come i Benetton. Da ultimo le documentate inchieste del Sole-24 Ore.
Dall’altra i 43 miliardi di euro di debito che sono un’ipoteca per qualunque domani. Una piattaforma investigativa assai allettante per gli inquirenti milanesi. Anche se, almeno ufficialmente, questo è un fronte «ad oggi» inesplorato. «Ad oggi», si fa scappare qualche investigatore che conosce bene le dinamiche della Procura. Ed è forse proprio su questo piano inclinato che è stato scelto Rossi. E su questa scommessa che si gioca l’attività del professore. Più che sull’affaire Tavaroli. Il professore è abituato all’anticipo. Studiando le mosse con una pianificazione di mesi e mesi. Con alcune coincidenze che non possono sfuggire: oltre Tavaroli le procure stanno scaldando i motori.
Ieri pomeriggio, ad esempio, sono andati a prendere carte in Telecom gli ufficiali della polizia Valutaria della Finanza. Chi sono? Gli esperti più qualificati in indagini su grandi scandali finanziari. Gli stessi, per dirne una, che hanno arrestato Gianpiero Fiorani, e determinato l’avviso di garanzia ad Antonio Fazio. E le sue dimissioni. La procura di Roma ha scelto loro per acquisire faldoni di carte sull’ipotesi di scorporo di Tim, ventilata un paio di settimane fa.

Per ora il procedimento è contro ignoti e senza ipotesi di reato. Ma il procuratore capo di Roma Vecchione con questa mossa fa capire che non intende aspettare la relazione della Consob. Sulle operazioni e quindi i conti Telecom non c’è da aspettare. Bisogna indagare subito.

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