Nel monomarca Honda, per fortuna che ci sono Jorge Lorenzo e la Yamaha che la pagnotta se la sono guadagnata comunque, onorando, come hanno coraggiosamente fatto, il loro essere la coppia campione del mondo in carica. Secondi alla fine, secondi e capaci di mandare un messaggio molto importante nel motomondiale abbrutito dalle Honda. «Cari colleghi piloti, ce la si può fare». Così ha scritto in pista, a suon di sgasate, l’uomo che fu compagno di Rossi, prima di mettere i puntini a parole: «È andata molto meglio di quanto sperassi, ragazzi, ho fatto la miglior gara della mia vita, ho corso impiccato dall’inizio alla fine, ho rischiato di cadere, ma questo secondo posto è un sogno».
Nel monomarca Honda illuminato ieri nel mezzo del deserto, per fortuna che c’era il pathos nazionalpopolare montato in sella con Valentino e la Rossa a due ruote più amata d’Italia, settimi al traguardo. Il loro provarci, rischiare, faticare, dolorare e alla fine accontentarsi, ha infatti per trequarti d’ora scaraventato tutti noi in pista, tutti idealmente accanto alla nostra nazionale dei motori, tutti presi a partecipare, chi volendo spingere la Ducati per darle quei decimi in più, chi massaggiando virtualmente la spalla malandata del Vale pur di lenirne i lividi e riconsegnargli i sei decimi che gli mancano quando il dolore arriva. Purtroppo, niente da fare. Però il Fenomeno malandato ha fatto capire che se solo avesse potuto... È successo a sette giri dalla fine, quando Spies ha portato il suo affondo e il Vale ha provato, a costo di finire a terra, a difendersi. Ed era successo al via, quando è partito a razzo, dalla nona alla seconda piazza in pochi metri e se solo non fosse andato lungo... Se non fosse andato largo, se non fosse stato subito fagocitato dagli altri, se solo non si fosse trovato Barbera a fare un po’ da tappo. Però, quanti se solo... No, il Vale non merita di vedere abbinato il proprio nome ai se solo... Diamogli tempo, ci penserà lui. Infatti dice: «Purtroppo sono arrivato un po’ lungo al via e senza Barbera a fare da tappo, forse, avrei potuto stare con Dovi e Simoncelli e allora... Comunque, in gara, sono andato anche forte, il problema è che alla fine comincio ad avere i soliti problemi fisici. Non ce la faccio a guidare come so... C’è da lavorare, sulla moto e soprattutto sul mio fisico. Quando perdo forza compenso con la gamba (quella fratturata) e così inizia a far male anche lei. Dall’infortunio non ho più corso le belle gare che so fare... ci vuole ancora un mese e mezzo per tornare a posto. Noi non siamo da settimo posto».
Nel monomarca Honda, per fortuna che Casey Stoner quest’anno la testa la tiene ben fissa sul collo e, anzi, ha scoperto di avere una vena hollywoodiana, una passione per la regia, visto che ha lasciato che Pedrosa (3°) ci provasse, ha controllato, infine l’ha passato che pareva di un altro pianeta. Però lo spagnolo ha un’attenuante grande così: «La spalla rotta a Motegi - dirà Pedrosa delusissimo -, la fatica, ad un certo punto, in curva, non riuscivo quasi più a sentire la mano... recuperavo qualcosa nel rettilineo, ma poi...». C’è da credergli, soprattutto deve crederci lui. Anche perché il compagno vincitore è carico come un canguro: «Non ero partito bene», sorride, «avevo perso le marce», sorride, «tutti attorno mi parevano un po’ pazzi», sorride, «ho preferito stare davvero attento e mi guardavo attorno», sorride, «poi ho studiato Pedrosa e al momento giusto l’ho passato e sono andato... e a quel punto mi sono goduto la gara», sorride, sorride, sorride.
Nel monomarca Honda, per fortuna che un paio di italiani scorrazzavano in sella a due Honda ufficiali.
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