Rotta la tregua: pioggia di razzi su Israele

I colpi non provocano vittime. L’ala militare di Hamas: «È solo l’inizio». Il ministro Peretz chiede scusa per la strage di innocenti sulla spiaggia

Hamas ha già risposto. Alla sua maniera. Minacciando «terremoti» nelle città israeliane, invitando gli abitanti a «preparar i bagagli o le bare». Poi nella notte di venerdì, mentre la gente di Gaza gremisce la piazza del Parlamento e grida la sua rabbia contro Israele, gli specialisti delle Brigate Ezzedin Al Qassam si rimettono al lavoro, sparano 15 missili Qassam e innumerevoli salve di mortaio contro i kibbutz e le cittadine intorno alla Striscia. Altri sette Qassam esplodono senza far danni tra le sabbie del Negev sabato mattina. L’hudna, la tregua, sembra insomma definitivamente spazzata via, annullata dai comunicati dell’ala militare fondamentalista, ma anche dalla rabbia e dal risentimento che quella spiaggia insanguinata ha acceso nel cuore d’ogni palestinese di Gaza. Chi non è andato in pellegrinaggio alla spiaggia ha visto le foto, ascoltato le urla dei sopravvissuti amplificate da ogni televisione della Striscia. C’è l’immagine straziante di Huda Ralia, dodici anni, china con gli occhi affogati di lacrime sul corpo straziato del padre. «Respirava ancora - sussurra alle telecamere - ma non ce l’ha fatta». Hadil, seduta nel letto dell’ospedale con il collo bendato, risponde come un automa a chiunque le si avvicini. Non immagina, non sa di aver perduto l’intera famiglia. Suo padre, sua madre, la sorellina di 18 mesi, un fratellino e altri due parenti sono stati fatti a pezzi dalle bombe. Sei dei sette morti appartenevano alla sua famiglia. Lei ripete solo che a ferirla sono stati «gli ebrei». Non gli israeliani, ma «gli ebrei», simbolo - nelle parole apprese e ripetute - di un nemico malvagio e assoluto. «Ci tiravano bombe, io non capivo cosa succedeva, mia sorella Huda mi mostrava il sangue che mi usciva dal collo, io le chiedevo cos’era successo e Huda rispondeva che era tutta colpa degli ebrei».
La tragedia di Hadil è una tragedia nella tragedia, un macabro déjà vu del dramma di due anni fa quando altri quattro suoi familiari vennero uccisi dalle bombe israeliane cadute sulla casa di Beit Lahia nel nord della Striscia. Mentre Hadil è assediata, tormentata da fotografi e giornalisti una folla piangente e rabbiosa accompagna le salme dei suoi genitori e degli altri morti innocenti. A far da sottofondo vi sono le urla e gli slogan di sempre. «Vendetta, morte all’America, distruzione per Israele». Benzina e propellente per la vendetta di Hamas. I missili di Hamas non sembrano per ora in grado di raggiungere Israele. Gran parte dei Qassam tirati sabato notte sono finiti all’interno della Striscia di Gaza. Uno ha persino ferito cinque palestinesi del campo profughi di Jabalya. «Questo è solo l’inizio - promette un portavoce dell’ala militare - i lanci continueranno, aumenteremo la portata per colpire in profondità l’entità sionista e vendicare i loro crimini».
Tutto il mondo, intanto, reagisce con indignazione e preoccupazione alla strage d’innocenti. Gli Stati Uniti esprimono dolore, invitano entrambe le parti alla moderazione per non evitare un’escalation di tensione, ma chiedono anche all’Autorità Palestinese di prevenire tutti gli atti di terrorismo e il lancio di missili contro i territori israeliani. Molto più duro il governo francese. Alla vigilia di una visita di Ehud Olmert a Parigi per colloqui con il presidente Jacques Chirac un comunicato ufficiale sulla strage della spiaggia deplora la «sproporzionata» reazione israeliana ai lanci di Qassam «costata la vita a molti innocenti».


Il presidente palestinese Abu Mazen ignora, invece, le scuse del ministro della Difesa israeliano Amir Peretz che si rammarica «per la morte di innocenti» e accusa Israele di «aver ignorato la sua mano tesa in segno di pace», commettendo un «orribile, tremendo e pericoloso massacro».

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