«Ormai è chiaro sbotta Eugenia Roccella, sottosegretario alla Sanità lapplicazione della pillola abortiva, fuori o dentro gli ospedali, si è trasformata in un fatto politico. Si vuole scardinare la 194, si vuole modificare la legge sullaborto attraverso una prassi medica. Si vuole scaricare laborto dalla sanità pubblica per riportarlo nel privato».
Ma sottosegretario, chi vuole scardinare la legge 194?
«Tutti quelli che si rifiutano di somministrare la Ru486 in regime di ricovero, cioè le regioni amministrate dal centrosinistra come la Toscana, la Puglia, lEmilia Romagna».
Ma scusi, questi enti locali possono rifiutarsi di applicare le linee guida stabilite dal ministero della Sanità?
«Purtroppo sì. Le regole ministeriali sono propositive e vanno approvate poi dalla conferenza Stato-Regioni allunanimità».
Che non ci sarà mai vista la frattura tra regioni di sinistra e quelle di destra.
«Staremo a vedere. Ma se qualcuno si rifiuta di seguire quanto è stato stabilito, si assume la responsabilità di quello che fa e dovrà dire chiaro e tondo che il parere del Consiglio superiore di sanità, ribadito per ben tre volte, non vale niente. E che gli esperti dicono solo sciocchezze».
Invece questi esperti sostengono che il ricovero è necessario per la tutela della salute della donna.
«Esatto, lassunzione in day hospital è pericolosa. Lespulsione dellembrione non si sa bene quando avviene e il rischio di emorragie è altissimo. In Inghilterra sono morte cinque donne; in Svezia una trentenne lhanno trovata dissanguata sotto la doccia. Queste cose vanno dette, non vanno tenute sotto silenzio».
Però la prima donna in Puglia che ha accettato di usare la Ru486 ha scelto di tornarsene a casa, assumendosi tutti i rischi.
«Non voglio entrare nel caso singolo. Penso che il problema non sia la scelta della donna, ma i suggerimenti di chi le sta intorno».
Si riferisce ai medici?
«Non solo. Le indicazioni generali condizionano la paziente. Il governatore, gli assessori, i medici. Cè una responsabilità collettiva di tutti gli organi sanitari regionali. E se il ginecologo spiega alla donna che non ci sono rischi e che può tornarsene a casa, ovvio che lei è tranquilla e segue i suoi consigli».
E rischia di farsi un aborto a domicilio?
«Esattamente. Che non è contemplato dalla legge. Noi non vogliamo laborto a domicilio, sia chiaro. Chi invece lo vuole, cioè la sinistra, deve avere il coraggio di portare una modifica in Parlamento senza stravolgere le regole attraverso una strisciante prassi medica».
Senta, ma allo stato dei fatti sulla Ru486 è stato combinato un gran pasticcio. La gente riceve indicazioni contrastanti. Sembra una sconfitta del governo.
«Non è così. Noi stiamo andando per gradi. Abbiamo dato delle indicazioni, ora abbiamo lanciato un monitoraggio per sapere come si applica in ogni regione la pillola abortiva, come si somministra, dove avviene lespulsione dei feti, se a casa o in ospedale».
E quando avrete i dati?
«Capiremo se ci sono strutture sanitarie che stanno scaricando laborto, se tendono a farlo diventare un fatto privato. Il punto è politico, perché si vuole scardinare la 194. Nei giorni scorsi i governatori Cota e Zaia sono stati attaccati perché non volevano adottare la Ru486. Invece sono stati i primi ad ammettere di voler seguire la legge».
E quelli delle regioni rosse?
«Loro non vogliono seguire la prassi ospedaliera, ma nessuno li ha criticati. Non a caso hanno adottato la Ru486 prima ancora che lAifa la commercializzasse in Italia».
Dunque, lo scontro politico è in atto. Come pensate di farlo rientrare?
«Io confido nella ragionevolezza e nella volontà di applicare la Ru486 in modo uniforme in tutta Italia».
Se fosse solo unillusione?
«Si apre una questione.
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