In mezzo scorre il fiume. Di acqua minerale. La bottiglietta negata alla provocatoria Marysthelle Polanco nel processo «Ruby 1», quella concessa alla smemorata Serena Facchineri nell’aula dell’udienza per il processo «Ruby bis». Bere lenisce la gola, rianima la lingua, sgombra i ricordi. E lasciar bere, evidentemente, paga. Un po’ d’acqua fresca per sentirsi al caldo. La presidente della Corte le concede una pausa, ne approfitta per prendersi un caffè, le sorride, la tratta con gentilezza e così la fa parlare. Ciò che la Facchineri non aveva detto nella prima testimonianza (quella del procedimento a carico di Silvio Berlusconi), è sgorgato fluido nella seconda (quella del procedimento a carico di Nicole Minetti, Emilio Fede e Lele Mora): «Sì, è vero Luca (Risso, il suo ex fidanzato, attuale compagno della marocchina, ndr), mi ha raccontato “dell’interrogatorio” di Ruby alla presenza di Mora, Luca Giuliante e di un emissario di “Lui”. Mi ha detto che Ruby ha parlato di cene ad Arcore con ragazze che ballavano, si truccavano, si toccavano. Eh sì, quell’interrogatorio serviva a proteggere “Lui”». E «Lui», secondo la Facchineri, è Silvio Berlusconi. Due processi paralleli, due verità diverse. Il pm che continua a chiamarla «dottoressa» perché le riconosce il rispetto della sua laurea in Biologia ma poi chiede alla Corte di richiamarla per le sue memorie a intermittenza, lei che scoppia in lacrime, l’aula che viene fatta sgombrare per una manciata di minuti. Erano più simili un tempo lei e il suo amato Luca Risso (che ieri in aula ha fatto di nuovo scena muta e verrà ascoltato il 28 settembre). Il locale di lui da gestire, «L’albicocca», quella fastidiosa, seducente marocchina che continuava a ronzare attorno al suo uomo ma dalla quale, forse, a essere razionali, si poteva anche cavare qualcosa. Oggi sgrana gli occhi, Serena. Si vede che maledice di essersi infilata in questa storia ed è confusa. Ha l’aria di una gallina che cova uova di struzzo.
Ieri più che mai, in aula, è andata in scena una fenomenologia di femmina trasversale. È tornata Chiara Danese. L’altra volta aveva l’aspetto di una fuggita dall’oratorio, stavolta sembrava Lolita: truccata, con un taglio di capelli nuovo e molto più piglio a sostegno dei suoi errori. Con lei c’era ancora la sorella ma si era aggiunta anche la mamma. Una signora robusta e color flanella, con lo smalto rosa sulle unghie un po’ smangiucchiato dal fare. A fine udienza ha offerto il caffè agli avvocati della figlia. È andata alla cassa ed è tornata brandendo lo scontrino, orgogliosa che su quel foglietto ci fossero le consumazioni di tutti offerte solo da lei. L’altra mano era aggrappata all’imitazione di un portafogli di marca: lo stringeva con un misto di vezzo e di apprensione, come tutti quelli che devono far fatica per riempirlo. In aula, quella sua figlia venuta su bionda e magra come ogni tanto succede quando il Dna va a giocare con il sangue degli avi, aveva appena detto che da quell’unica cena ad Arcore non si aspettava nulla perché non immaginava che un politico potesse garantirle un posto in tv. «Nemmeno Silvio Berlusconi, proprietario di Mediaset?»... «Ma io non sapevo che Berlusconi fosse il proprietario di Mediaset. Io volevo finire le selezioni di Miss Italia, la mia famiglia ci teneva tanto, aveva fatto tanti sacrifici per mandarmi...».
Ed entra la terza donna, diversa ancora. Diana Maria Osorio Iriarte, colombiana, commessa con borsa di marca (stavolta vera) e braccialetto di brillanti (veri). Le sbattono in faccia intercettazioni inequivocabili «Signora lei si prostituisce? Si è mai prostituita insieme a Ruby?». «Mai». Ha paura per l’affidamento del figlio, che al momento si trova in una comunità protetta, e per l’eventuale espulsione dall’Italia. E nega. Tenta di rimandare l’inevitabile.
«E questa telefonata di Ruby, signora? Quella in cui le parla dei 4mila euro che avrebbe potuto guadagnare da cinque clienti?». «Per le cene. Non mi sono mai prostituita, l’altra volta l’ho detto perché ho subito pressioni dal tribunale». Finisce la deposizione e lei finisce indagata per falsa testimonianza e per calunnia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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