Roma - Incidenti fuori e dentro lo stadio. Cori fascisti, alcuni ultrà al seguito della Nazionale di calcio in stato di fermo per aver bruciato una bandiera della Bulgaria. Ministro Ignazio La Russa, anche lontano dal campo, a Sofia non abbiamo fatto una bella figura.
«L’ho già detto e lo ripeto. Provo vergogna per quanto accaduto, soprattutto per l’inqualificabile gesto che ha portato a bruciare la bandiera di un Paese amico. Si tratta di un’azione da condannare in maniera assoluta, che non a caso ha fatto scattare l’arresto per il reato di vilipendio».
Ci sono stati però anche scontri e slogan inneggianti al Duce.
«Non metterei tutto sullo stesso piano, anche se si tratta di atteggiamenti che, sia chiaro, non trovano alcuna giustificazione».
Iniziamo dalla rissa.
«Mi risulta ci sia stata una “gazzarra” in cui alcuni nostri tifosi sono stati aiutati, diciamo così, dagli scontri anche tra opposte fazioni di ultrà delle due squadre di calcio locali».
Come la mettiamo con i cori fascisti, anche se in Bulgaria non costituiscono reato? Non avverte il rischio che si possa legittimare un’idea fuorviante: ovvero, centrodestra al governo e libertà di inneggiare al Ventennio?
«Assolutamente no, non è così. Non siamo dinanzi ad un problema politico, di qualunque colore esso sia. Mi rifiuto di analizzare la questione secondo il classico schema fascismo-antifascismo. Dare patenti di qualsiasi natura, a chi porta avanti comportamenti del genere, in realtà aiuta il diffondersi del fenomeno. Insomma, è un errore leggere quanto accaduto con una lente del genere».
Sembra di capire che la politica non c’entri nulla.
«Esatto. E condanno chiunque tenti di attribuire a questa faccenda una valenza di questo tipo. Siamo dinanzi a gente che non sa assolutamente niente di quello che va urlando, che non conosce neppure l’abc di quello che dice. Come dire, non c’è alcuna giustificazione storico-politica, ma solo maldestre esibizioni muscolari, alla ricerca di un alibi. Ecco perché non si deve strumentalizzare».
Non bisogna quindi ingigantire l’episodio?
«Guardi, anche senza la bandiera bruciata, non avremmo fatto di certo una bella figura. E in quel caso avrei detto che hanno sbagliato. Ma non bisogna dar loro troppa pubblicità. Su questo concordo con quanto dichiarato dal capitano azzurro, Fabio Cannavaro, che ha voluto parlare solo di calcio per non fare il loro gioco».
In ogni caso, si è trattato di un fatto grave, avvenuto per la prima volta al seguito della squadra azzurra.
«Se non ricordo male, successe qualcosa di simile a Varese, tanti anni fa. In quel caso ci fu un episodio anti-ebraico e governava la Dc. Detto questo, lo sport deve rimanere immune, estraneo allo scontro politico. E tornando a quanto avvenuto sabato a Sofia, sono convinto che nessuno si sia sentito in linea con quella parte di ultrà. E dirò di più. Né mio padre, né chi 60 anni fa era fascista - persone quindi che non hanno mai rinnegato la loro esperienza - si sentirebbero rappresentati da questi ragazzi».
Ha avuto modo di commentare con Gianfranco Fini i fatti bulgari?
«No, non ne ho parlato».
Alla fine dei conti, soprattutto per il vilipendio di bandiera, secondo lei l’Italia dovrebbe chiedere scusa. Ma chi dovrebbe farlo?
«Per quanto mi riguarda, lo faccio innanzitutto a titolo personale. Ma essendo anche componente del governo, le mie parole assumono anche un diverso valore morale».
Come mai, tra i ministri, su agenzie e tv ieri si leggevano e ascoltavano solo suoi commenti a riguardo?
«Be’, forse perché a me li hanno chiesti. E poi, perché ho sempre difeso la parte buona delle curve. Non possiamo farne a meno, altrimenti lo stadio è morto».
Sì, ma episodi di violenza, intorno alle partite di calcio, si ripetono in maniera sistematica. E il problema pare senza soluzione.
«No, la ricetta giusta esiste».
E qual è?
«Bisogna portare avanti un lavoro paziente, senza eccedere in strumentalizzazioni. Cioè, niente tolleranza ma anche nessuna criminalizzazione a prescindere. Insomma, il problema si risolve piano piano».
Quali sanzioni sarebbero necessarie per i tifosi colpevoli, giunti a Sofia con biglietti nominativi forniti dalla Federcalcio?
«L’aspetto repressivo non mi interessa. Non faccio il questurino. E le decisioni che prenderà il ministro Maroni avranno il mio pieno apprezzamento» (In serata il Viminale opterà per il Daspo, divieto di partecipare alle manifestazioni sportive per cinque anni, nei confronti degli italiani arrestati, ndr).
Torniamo ai cori inneggianti a Mussolini.
«Né io né Francesco, secondo quanto ricordo, abbiamo mai fatto cori di questo genere. Men che meno allo stadio. Mi dica lui quando».
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