da Roma
Come al solito si è fatto attendere. Protagonista già nel passato di leggendari ritardi, Russell Crowe non si è smentito e ieri a Roma ha fatto slittare l'appuntamento con i giornalisti di un'oretta e mezzo. Tanto che i fotografi, per ingannare il tempo, si sono dilettati a immortalare, in un curioso siparietto accanto al manifesto di Quel treno per Yuma di James Mangold, il presidente di Medusa Carlo Rossella che distribuirà da venerdì in 300 copie questo suggestivo rifacimento del classico di Delmer Daves del 1957. Ma guai a parlare di classici e di western perché Russell Crowe, che interpreta il cattivo Ben Wade (ruolo che fu di Glenn Ford), un po' a sorpresa rivela di non amarli particolarmente: «Non ho tratto ispirazione dai western americani perché non mi piacciono. C'è un'etica semplicistica con i buoni, cappello bianco da una parte e dall'altra i cattivi tutti di nero». Ma se gli si fa notare che anche il «suo» Ben Wade è di scuro vestito, l'attore australiano dalla chioma e dalla parlantina fluente si lancia in una lunga digressione: «Voglio sempre dare il mio contributo su che cosa il mio personaggio debba indossare. Ben Wade è molto bravo in quel che fa e non ha bisogno di vestirsi da tipico cowboy. Così porta abiti che gli consentono di essere all'altezza, allo stesso tempo, di commettere una rapina e poi di andare a spendere i soldi in un saloon. Anche il fatto che io abbia scelto di avere un cappello diverso dall'iconografia ha creato scompiglio, ma se uno guarda bene le foto dell'epoca vedrà che ognuno aveva un copricapo diverso».
Insomma il messaggio è abbastanza chiaro: stiamo facendo un nuovo western non un remake. Così se la storia è sempre la stessa, il bene e il male a confronto con il racconto dell'uomo onesto Dan Evans (interpretato da Christian Bale) che deve scortare fino al treno delle tre e dieci (il titolo originale è 3:10 to Yuma) diretto al Tribunale federale di Yuma lo spietato fuorilegge Ben Wade, Russell Crowe ci tiene a sottolineare gli elementi nuovi: «Basta guardare il primo film per rendersi conto che aveva dietro un budget basso, era ambientato quasi tutto in una stanza. Anche il nostro non è prodotto dagli Studios ma abbiamo cercato di allargare l'universo del film e mostrare così il viaggio dei due protagonisti. Il rapporto tra loro si sviluppa in più giorni, non come l'altro in poche ore». Ecco allora che «gli elementi anche violenti vengono esplicitati» e che in realtà a qualche western ci si è ispirati: «A quelli di Sergio Leone o a quelli girati in Australia. Ma ciò che mi ha veramente affascinato del mio personaggio è che non si capisce mai quanto sia veramente cattivo. Ce ne rendiamo conto solo alla fine del film».
Buono, cattivo, ladro, poliziotto? Anche le scelte del quarantatreenne Crowe sembrano seguire una linea ambigua. Integerrimo detective della narcotici che cerca di sventare i traffici di un cattivo Denzel Washington in American Gangster di Ridley Scott (in uscita a gennaio) e agente della Cia in Body of Lies sempre di Scott (quarto film insieme che stanno girando in questi giorni) accanto al giovane reporter interpretato da Leonardo DiCaprio. Ma chi è veramente Russell Crowe? Risposta: «La moralità è fatta di molte cose.
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