Russi delusi dal Tandem. Ma lo riavranno

Russi delusi dal Tandem. Ma lo riavranno

Anche questa volta la Russia ha perso l’occasione di diventare un Paese normale, almeno come lo intendiamo noi nel decadente Occidente. Vent’anni esatti dopo la fine del totalitarismo sovietico, e alla vigilia delle elezioni legislative che si tengono oggi, lo sterminato Paese dei sette fusi orari è ancora impantanato in situazioni che con la democrazia hanno una parentela molto incerta. Una legge elettorale concepita apposta per favorire il partito che «deve vincere»; tv e giornali sempre più asserviti al potere; pressioni insistenti sui luoghi di lavoro, negli ambienti militari e nelle scuole sempre a favore del partito che «deve vincere»; l’esclusione dal voto dei partiti più scomodi con le più fantasiose giustificazioni da parte di giudici vicini al partito che «deve vincere»; vessazioni poliziesche nei confronti delle organizzazioni che cercano di verificare le frodi elettorali (è il caso di Lilija Shibanova, direttrice di Golos, definita agente degli Usa e arrestata per 12 ore); interdizione degli spot di propaganda dei partiti che sfidano quello che «deve vincere», bollati di «istigazione alla discordia sociale» o «concorrenza sleale». Senza dimenticare il destino degli «oligarchi» che avevano cercato di sfidare Putin, come Berezovsky o Khodorkovsky, attualmente il primo in esilio a Londra e il secondo in una galera siberiana. Non sorprende che quattro russi su cinque pensino che queste elezioni saranno truccate: anche all’estero, del resto, il tasso di credibilità di questa pseudodemocrazia è molto basso.
Il partito che «deve vincere», non ci vuol molto a capirlo, è quello che secondo tutti i sondaggi vincerà queste elezioni, ovvero Russia Unita guidato dall’inossidabile tandem Putin-Medvedev. Sondaggi credibili, anche perché prevedono un calo secco intorno al dieci per cento dei consensi rispetto a quattro anni fa: questo perché sono sempre di più i russi, evidentemente stanchi di essere trattati come eterni minorenni politici dai loro dirigenti, che non apprezzano la sfacciata disinvoltura con cui Putin e Medvedev annunciano l’intenzione di scambiarsi il ruolo di premier e di presidente da qui al 2024, perpetuando un sistema di potere basato sulla vecchia rete dei servizi segreti, eredi diretti del Kgb. Una vera alternativa all’onnipotente Tandem tuttavia non c’è: non lo sono i comunisti di Zjuganov (pur dati in impennata verso un solido 20%), capaci solo di rimpiangere il fallimentare sistema della falce e martello; non lo sono i cosiddetti liberaldemocratici del lunatico ipernazionalista Vladimir Zhirinovsky, inetto e corrotto al punto che nessun funzionario putiniano si è mai disturbato a ostacolarlo; non lo sono i socialdemocratici di Russia Giusta, bizzarro ma se non altro rispettabile esempio di partito di carta creato per fiancheggiare Russia Unita e poi sfuggito di mano per vivere di vita più o meno propria; non lo sono i liberali di Yabloko, il cui leader Yavlinskij è troppo «occidentale» per trovare consensi al di fuori delle elite intellettuali. Meno che mai possono esserlo altri liberali, quelli che fanno capo agli ex premier Boris Nemtsov e Mikhail Kasianov: il loro partito aveva chances di successo reali, quindi lo si è tolto di mezzo impedendogli di partecipare alle elezioni.

E se i suoi militanti vanno in piazza, li aspetta regolarmente la polizia: cortei non autorizzati, come ai bei tempi di Breznev.
L’unico sfogatoio rimasto per chi non ci sta è internet: qui si legge e si vede ancora ciò che disturba il potere. Logico prevedere che il prossimo Parlamento si attiverà per imbavagliarlo «alla cinese».

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