La Russia alza la voce sull’Artico e «blinda» i separatisti del Caucaso

Trattati di assistenza militare con Abkhazia e Ossezia. Presto fissati i confini al Polo

Il presidente russo Dmitry Medvedev è tornato ieri a schiacciare l’acceleratore su due fronti del contrasto che oppone la Russia agli Stati Uniti e ai Paesi occidentali: la questione georgiana e quella dell’Artico. Riguardo alla prima, ha firmato due trattati con l’Ossezia del sud e dell’Abkhazia, le Repubbliche separatiste dalla Georgia che Mosca ha di fatto occupato nel corso della breve guerra di agosto; quanto alla seconda, ha dato ordine al Consiglio di sicurezza russo di procedere alla fissazione dei confini dello Stato - quelli che Mosca ritiene giusti, indipendentemente dalle diverse opinioni di altri Stati - in una remota regione oceanica che secondo gli esperti contiene il 13% delle riserve di petrolio ancora non scoperte e il 30% di quelle di gas naturale.
La mossa del Cremlino nel Caucaso lascia pochi dubbi su quali siano le intenzioni a lungo termine di Mosca nella regione. I trattati, che hanno impressionato chi li ha letti nel dettaglio per la loro puntigliosità avvocatesca, formalizzano la cooperazione tra il gigante russo e i due autoproclamati staterelli la cui indipendenza è stata riconosciuta solo da Mosca (e dal Nicaragua) nei campi militare, diplomatico ed economico. In una cerimonia al Cremlino nel corso della quale sono state ostentate le bandiere delle due Repubbliche secessioniste e usato un protocollo riservato agli Stati sovrani, Medvedev ha chiarito al leader sud-osseto Eduard Kokoity e a quello abkhazo Sergei Bagapsh che «i documenti che abbiamo firmato impegnano i nostri Paesi a prendere in comune le misure necessarie per reagire a minacce contro la pace e opporsi ad atti di aggressione: questo include misure militari. Non permetteremo nuove avventure militari da parte della Georgia».
Si tratta di uno schiaffo in pieno volto non solo alla Georgia, che ha reagito denunciando la «plateale annessione alla Russia di territori georgiani», ma soprattutto agli Stati Uniti, che da tempo vanno ripetendo (lo hanno fatto anche ieri) che Mosca deve rispettare l’integrità territoriale della Georgia, ma anche difendendo il suo diritto ad aderire alla Nato. Ma è noto che la Russia ha già da tempo annunciato che dislocherà 7600 soldati nelle due Repubbliche e ieri, con un altro gesto che contraddice l’asserita intenzione di non annettersi l’Ossezia del sud e l’Abkhazia, ha deciso di unificare le proprie reti energetiche, dei trasporti e delle telecomunicazioni con quelle delle due Repubbliche.
Non meno aggressive nei confronti dell’Occidente le mosse annunciate da Medvedev a proposito dei confini nella regione artica, dove è sempre più aperta la competizione per il controllo delle sue immense risorse.

Queste «servono alla Russia del XXI secolo», ha enfatizzato il presidente nel rendere noto di aver disposto che sia preparata una legge per «tracciare la frontiera esterna della piattaforma continentale» russa. Né gli Usa né gli altri Paesi che si affacciano all’Artico (Canada, Norvegia e Danimarca) apprezzeranno.

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