La Russia imperiale

La Russia è tornata. Ha usato in Georgia la forza che le è rimasta intatta, quella militare, capace di colpi di mano che mettono in evidenza la debolezza della Nato, fatta per impedire guerre totali ma incapace di dissuasione delle iniziative locali. L’idea di portare la Nato sino ai confini della Russia poteva essere possibile in Paesi evidentemente europei come i Paesi baltici e la Polonia, ma in Ucraina già questo ha creato difficoltà. E l’idea di un’Ucraina che aderisca alla Nato è una provocazione per i russi. Questa del resto era fondamentalmente la politica americana, a cui l’Unione europea si era adeguata: la diplomazia dell’Unione è troppo antica per non ricordare che la Russia è sempre la Russia e che l’Unione europea non è una forza militare.
Sarkozy si reca a Mosca: e Putin può chiedere, come Stalin a Laval, quante divisioni ha l’Europa nel Caucaso e cosa può fare per la Georgia sul terreno. Sul piano delle guerre minori, la Russia è potente perché ha conservato l’armata di terra.
L’Occidente ha dimenticato che la Russia è un popolo imperiale, ha una concezione della sua realtà nel mondo che trascende quella di una nazione: i suoi confini non possono non essere presidiati da una forza che non è la loro, ma è quella dell’Occidente, per di più sotto i colori georgiani. Così Putin ha riaffermato il diritto di controllo su quello che accade in Georgia, non può permettere che la Georgia abbia il diritto di esercitare la sua giurisdizione su territori in cui esiste una maggioranza di popolazioni russe e sono separati di fatto dalla Repubblica di Tbilisi. Putin rivendica il suo diritto di intervento a tutela della minoranza georgiana e quindi la sua facoltà di giudicare la politica del governo di Tbilisi. Ciò avviene nella zona del Caucaso in cui si gioca il rapporto del petrolio dei Paesi turkumeni con l’accesso all’Europa. Affermando un diritto di controllo della Georgia, la Russia esercita il potere di fatto che nasce dalla sua storia ed è destinata a pesare per uno di quei fattori di potenza che è rimasto intatto: la capacità di fare una guerra convenzionale sul terreno. Unica rimasta in Europa a poterlo esercitare.
La mossa di Putin non è rivolta all’Unione europea, ma agli Stati Uniti, perché la politica espansiva della Nato all’Est è propria dell’amministrazione Bush. E non è detto che essa continui con un altro presidente americano. Putin può contare sul consenso del suo popolo, che è rimasto un popolo imperiale passando dallo zar ortodosso al segretario del partito comunista. Putin ha riunito ambedue le funzioni e il mandato politico che ha ricevuto dal suo Paese è di affermare il popolo imperiale che ha il diritto di intervento nell’area che lo circonda.
L’invasione della Georgia ha dunque un significato più profondo. La Russia afferma un suo diritto ad avere nazioni amiche ai suoi confini e a poter usare la forza per ottenerlo. È ancora la politica dell’impero, la Russia non è una nazione occidentale, è un impero.

L’idea russa dell’impero non è perduta, ed è ancora l’identità russa: assai diversa da quella delle nazioni occidentali legate al diritto internazionale dallo stesso diritto di nazione, cioè dalla loro particolarità.
Questo agosto, destinato a esaltare la potenza cinese sul piano mondiale, è stato occupato invece dal ritorno della Russia a nazione imperiale.
Gianni Baget Bozzo
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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