Mosca - È andato tutto come previsto, secondo gli schemi di una pseudodemocrazia che non cerca più nemmeno di salvare le apparenze. Ha trionfato Dmitri Medvedev, il candidato prescelto dal presidente uscente Vladimir Putin a succedergli in un ambiguo duopolio che lo vedrà premier. E ieri a mezzanotte, quando i risultati erano già ampiamente delineati, i due alleati si sono presentati a sorpresa a un concerto rock appena fuori dal Cremlino promettendo una scontata continuità. «Ci fidiamo l’uno dell’altro - ha detto Medvedev ai sostenitori - e questa è la cosa più importante. Si può mantenere la linea proposta da Putin». Più chiaro di così non poteva essere. Solo più tardi, in conferenza stampa, ha precisato che la politica estera la farà il Presidente, cioè lui: «Il mio ufficio è al Cremlino - ha detto - mentre quello del governo, secondo la Costituzione, è alla Casa Bianca».
Il regime aveva escluso da tempo i concorrenti più pericolosi, come i liberali Nemtsov, Kasparov, Kasyanov, ammettendo in lizza solo tre comprimari rassegnati alla sconfitta. Putin, che avendo terminato il secondo mandato consecutivo non poteva candidarsi per la terza volta, aveva chiesto ai russi una massiccia affluenza alle urne. E così è stato: la partecipazione è stimata al 70%, più del 65% registrato alle legislative di dicembre.
Alla vigilia aveva invitato a sostenere il suo delfino «per continuare le riforme» da lui intraprese «e garantire un futuro radioso alla Russia». E anche questo desiderio è stato esaudito: il 42enne Medvedev ha vinto con un travolgente 70% davanti al comunista Ghennady Zyuganov (18%), al populista Vladimir Zhirinovsky (10%), mentre l'enigmatico Andrei Bogdanov ha racimolato appena l'1,3%. Il nuovo presidente russo ha ottenuto una percentuale leggermente inferiore al 72% ottenuto dal suo predecessore quattro anni fa. E anche questo rientra nello schema.
L'ex campione del mondo di scacchi Garry Kasparov - che ieri pomeriggio è stato fermato brevemente nei pressi della Piazza Rozza perché camminava con un sacco con la scritta «io non voto» - ha definito questa consultazione una farsa. I brogli sono stati meno evidenti rispetto a tre mesi fa, soprattutto a Mosca, dove nei seggi sono ricomparse paratie e tendine per garantire la segretezza del voto. Ma nel resto del Paese i pochi osservatori ammessi hanno segnalato decine di anomalie, peraltro inutili perché Medvedev, nella scia di un popolarissimo Putin, avrebbe vinto comunque. Il Cremlino, però, non poteva accontentarsi di un successo, esigeva un trionfo.
Così molte urne che alle sette del mattino erano piene di schede già compilate, diversi soldati di leva sono stati costretti a votare con a fianco i superiori.
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