da Roma
Tra loccultamento e la trafugazione di (presunto) cadavere si dibatte la scarna identità del Partito democratico. Un partito che si sta costruendo in «modo bizzarro», come sottolinea il prodiano Franco Monaco. Un partito nel quale «la parola dordine è fare finta di essere daccordo, eludere i nodi controversi, sottrarsi a un vero confronto politico, perché Ds e Dl hanno deciso chi deve fare il capo con il quale si è daccordo a prescindere». Come se non bastasse, dice liper-prodiano, a questo abortino «si dà il nome di democratico».
Già, «democratico» per sfuggire al termine «socialista» e aggirare centanni di storia e cultura politica. Una scorciatoia che continua a costare molto al riformismo allitaliana. La miseria di riferimenti, aggravata dalla penuria di idee innovative, fa comprendere il profondo «perché» delle difficoltà del Pd. Rubacchiando un po a dritta e un po a manca, Walter Veltroni spera addirittura di fare dellesperimento italiano un «miracolo» esportabile.
Sarebbe davvero un miracolo. Anche perché, appena superate le Alpi, si capisce che il socialismo è tuttaltro che cadaverico: vive profonde trasformazioni in ciascuno dei Paesi, magari momenti di crisi elettorale e ideale, ma dentro la sua cultura nascono tutti i fenomeni nuovi e nessuno pensa di poterlo saltare a pie pari, come in Italia. Veltroni dimentica, spiega il segretario dello Sdi, Enrico Boselli, che «le posizioni innovative, da Blair a Zapatero, sono tutte nate dal socialismo democratico europeo». Evidentemente legemonia culturale del Pci e lannichilimento del Psi hanno alimentato questillusione tutta italiana.
La polemica non è nuova: gira e rigira, la lingua batte dove il dente duole. Rutelli, un po il prototipo di «dèmocrat allamatriciana», non ha perduto il gusto alloccultamento del presunto cadavere socialista in nome del suo non meglio definito «nuovo corso». Ancora laltra sera, chiudendo la festa della Margherita, ha rispolverato la bolsa teoria di Antony Giddens sul «socialismo morto e sepolto». In termini meno rozzi, e tendendo piuttosto allappropriazione della tradizione socialista, si è espresso qualche settimana fa Veltroni, immaginando una «Internazionale dei socialisti e dei democratici» (che in realtà esiste già) e chiamando i socialisti italiani a un «patto di collaborazione con il Pd», perché «socialismo è una parola antica cui guardare con rispetto», anche se non fornirebbe più risposte «ai problemi del presente».
Toni e modi diversi, ma purtroppo si tratta della stessa scorciatoia per appendersi in casa un albero genealogico finora del tutto estraneo. Ha avuto così facile gioco Bobo Craxi nel ricordare a Rutelli che «per milioni di elettori della sinistra in Europa il socialismo democratico non è morto, e questi milioni di elettori certamente non votano un partito che non esiste in nessun Paese dEuropa, cioè il Partito democratico...».
Ma se gli «insulti» rutelliani, come li definisce Craxi jr, tradiscono senzaltro «le difficoltà di sciogliere il nodo della collocazione internazionale della nuova formazione», è anche vero che sarebbe interessante sapere quello che propone Monaco. «Con la sua levità, Rutelli ha sentenziato che il socialismo è morto e sepolto. E scusate se è poco. Che cosa ne pensa il suo candidato alla guida del Pd, Veltroni?».
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