Però, questi fratelli Molinari! Stanno dominando lo European Tour manco fosse una banale Coppa Famiglia di club e stanno anche rendendo i golfisti italiani dei «lieto-fine dipendenti». Non bastava il trionfo in coppia nella World Cup. E neppure quello di Edoardo nel prestigioso torneo di Loch Lomond nel luglio scorso. E nemmeno la storica convocazione di Francesco nel team europeo di Ryder Cup. No.
Perché, per dimostrare che sono due campioni in grado di riuscire in tutto, magari anche di costruire sulla casella degli Imprevisti del Monopoli, la coppia è volata fino in Scozia e lì, nel vento e nel freddo di Gleneagles, ha siglato un ennesimo miracolo. Un miracolo golfistico, naturalmente, per il quale persino Colin Montgomerie, capitano di Ryder Cup, stentava a trovare aggettivi. «In venticinque anni di carriera - spiegava in conferenza stampa - non ho mai assistito a qualcosa del genere».
Dunque, questa la cronaca: a Gleneagles, se domenica Francesco si è piazzato terzo, Edoardo ha vinto in pieno Tiger-style con a tre birdies finali, che, oltre al successo, gli hanno anche garantito lultimo dei posti disponibili per allinearsi a Chicco nella squadra europea di Ryder. Per il golf italiano la presenza di due giocatori nella rappresentativa del vecchio continente rappresenta un momento storico: mai nella storia due fratelli avevano preso parte alla sfida tra i pro europei e quelli degli Stati Uniti, mai due azzurri avevano contemporaneamente partecipato alla manifestazione golfistica più importante del pianeta.
Due fratelli e per di più due italiani nel team: che si può volere di più dalla vita?
«Magari festeggiare! - risponde un raggiante Edoardo, mentre in macchina viaggia alla volta di Crans sur Sierre e dell'ennesimo torneo -. Dopo l'ultima buca di domenica ho perso di vista Francesco. Non l'ho più incontrato, così non siamo riusciti a festeggiare, ma di certo ci rifaremo alla grande».
Per qualificarti nel team di Ryder Cup, serviva una vittoria. Ma in uno sport come il golf nel quale esistono mille variabili indipendenti, come si fa a vincere proprio quando si deve?
«Ci vuole un pizzico di fortuna, naturalmente. Ma soprattutto è obbligatorio credere al 100% in quello che si sta facendo».
In una scala da zero a dieci, quante erano allora le tue motivazioni?
«Millecinquecento!»
Avere dei pezzi da novanta come Harrington, Casey, Rose e Donald in lizza con te per un posto in squadra, ti ha tolto o piuttosto ti ha aggiunto pressione?
«Direi un po e un po. Dal canto mio, poi, per alleggerire la tensione, ho solo cercato di non pensarci, anzi, di pensare che era impossibile centrare la convocazione».
Dì la verità: quante volte da bambini, tu e Francesco, avete finto di trovarvi in una situazione come domenica scorsa, appaiati in testa a un torneo?
«A dire la verità, abbiamo giocato mille volte immaginandoci nel team europeo. Ed esserci riusciti veramente, beh, è pazzesco».
Costantino Rocca era fino a ieri l'unico italiano ad aver giocato la Ryder Cup. Che ricordi hai di lui in quelle occasioni?
«Mi vengono in mente l'edizione giocata a Valderrama quando stracciò Tiger Woods e la famosa buca in uno realizzata in America. Ecco, di Rocca vorrei avere la tranquillità nei momenti delicati».
Lo hai sentito?
«Si, mi ha telefonato domenica sera per farmi i complimenti. Forse verrà a seguirci in Galles. Sarebbe fantastico».
E Colin Montgomerie, il capitano, cosa ti ha detto?
«Solo questo: mi vuoi aiutare a vincere la Ryder Cup?»
Scontata la risposta.
Dunque, appuntamento in Galles all'inizio di ottobre per la Ryder Cup, dove il golf di Francesco, più costante della costante di Hubble, e quello di Edoardo, più estroso dellestro armonico di Vivaldi, saranno le armi in più a disposizione dell'Europa.
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