«Sì agli stranieri, no a una società plurietnica»

Adalberto Signore

da Roma

L’ultimo affondo arriva di prima mattina. Quando dai microfoni di Radio Anch’io, trasmissione di approfondimento di «RadioUno», Silvio Berlusconi apre un nuovo fronte della campagna elettorale. E attacca su immigrazione e multiculturalismo, temi cari alla Cdl (che ieri ha iniziato a mettere a punto gli ultimi dettagli per la manifestazione unitaria con cui la prossima settimana chiuderà a Roma la campagna elettorale) e sui quali la divergenza di vedute con il centrosinistra è più marcata che mai. Un affondo che alcuni alleati, Lega in particolare, attendevano da tempo. Al punto che più di una volta Umberto Bossi aveva consigliato al premier di focalizzare il dibattito proprio su questi temi.
L’affondo. La presa di posizione di Berlusconi è più che mai decisa. Perché, spiega rispondendo alla domanda di un ascoltatore, «noi vogliamo un’Italia che non diventi un Paese plurietnico, pluriculturale». Insomma, «siamo fieri della nostra cultura e delle nostre tradizioni». Quindi, va bene «aprire agli stranieri che fuggono da Paesi dove rischiano la vita o la loro libertà», ma non si possono «accogliere tutti coloro che vengono qui per apportare danno e pericolo ai cittadini italiani». Il concetto il premier lo ribadisce più d’una volta, spiegando che possono essere «accolti dignitosamente» quegli stranieri che vengono in Italia «per lavorare» ma è necessario che «si adeguino alle leggi e al nostro modo di vivere». Quindi l’attacco a Oliviero Diliberto, perché «sentendolo in tv mi sono venuti i brividi». Il motivo? «Diceva - spiega Berlusconi - di non ritenere un problema l’introduzione dell’insegnamento del Corano nelle scuole perché tra qualche anno metà degli studenti saranno cattolici e metà musulmani». Affondo: «Ecco, questa è la politica della sinistra».
Pagina 256. Sulla questione immigrazione, a metà pomeriggio dice la sua pure Giulio Tremonti. Che attacca il programma dell’Unione. «A pagina 256 - puntualizza con una certa ironia il ministro dell’Economia - si introduce al posto dello ius sanguinis lo ius soli». Cioè, «si diventa cittadini solo se si nasce in Italia». E questo «è eversivo» perché «la cittadinanza la si conquista con il lavoro, pagando le tasse e conoscendo la lingua». Insomma, Cdl e Unione hanno «due visioni diverse»: «Per la sinistra l’immigrazione è una soluzione, per noi è un problema».
Gli alleati. Nel centrodestra, seppure con sfumature diverse, quasi tutti si schierano a fianco di Berlusconi. Scontato il plauso della Lega perché, spiega Roberto Calderoli, «ha fatto bene fino a oggi il premier a parlare di economia e di numeri, ma nella vita non c’è solo la bistecca». «Ci sono - dice il coordinatore delle segreterie del Carroccio - i nostri valori, la nostra identità e le nostre tradizioni. Questo patrimonio deve essere difeso perché rappresenta il bene più importante». Bossi, dal canto suo, non entra direttamente nella querelle, ma il suo commento durante la cerimonia per la laurea honoris causa a Joaquín Navarro Valls all’università di Varese è eloquente: «Nella scelta del Papa la Chiesa ci azzecca sempre. Questa volta ne occorreva uno che salvasse tradizione e identità della Chiesa e questo Pontefice mi pare l’uomo giusto». Più sfumata la posizione di An. Secondo Ignazio La Russa, infatti, «è inevitabile» che la nostra società diventi multiculturale. Detto questo, chiarisce il capogruppo alla Camera, «c’è chi, come la sinistra, pensa che si debba facilitare questo processo a scapito dell’identità italiana». Sul fronte Udc, invece, Pier Ferdinando Casini sottolinea l’importanza di «una rigorsa difesa identitaria» senza però far mancare «la disponibilità all’accoglienza». «La difesa dell’identità cristiana - dice - significa difendere le nostre abitudini, la nostra civiltà e la nostra cultura». Più freddo il segretario Udc Lorenzo Cesa, perché «bisogna prendere atto che in tutta Europa c’è una presenza di più etnie».
L’Unione. Durissima, invece, la reazione del centrosinistra. Per Clemente Mastella, leader dell’Udeur, «il premier va pesantemente a urtare contro la dottrina sociale della Chiesa».

«Il fatto che Berlusconi non si sia accorto che l’Italia è già un Paese plurietnico - dice Vannino Chiti, coordinatore della segreteria dei Ds - la dice lunga sulla consapevolezza di questo governo in materia d’immigrazione». D’accordo Pdci, Verdi e Rifondazione comunista: quella del Cavaliere è «una dottrina reazionaria».

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