È praticamente passato sotto silenzio, lo scorso settembre, il centenario dellenciclica Pascendi con cui il papa s. Pio X condannava il modernismo definendolo «sintesi di tutte le eresie». Eppure, rileggendola oggi nelle edizioni Cantagalli (pagg. 134, euro 13,50), ci sarebbe ogni motivo per un ampio dibattito, dal momento che il modernismo, scomunicato centanni fa, ha conquistato gran parte del clero (e dei vescovi) con il nuovo nome di progressismo.
In appendice al testo dellenciclica sono riportati il decreto Lamentabili (che condannava 65 proposizioni moderniste) e il «giuramento antimodernista» che quel papa impose nei seminari. Il vescovo di San Marino, Luigi Negri, nella prefazione così si esprime: «Sono rimasto quasi sgomento; le proposizioni fondamentali, tutte chiaramente in contrasto con la dottrina cattolica, hanno costituito in questi ultimi ventanni il contenuto anche esplicito di tante pubblicazioni teologiche ed esegetiche e hanno sicuramente influenzato linsegnamento in facoltà teologiche e in seminari».
La Pascendi venne addirittura elogiata, «per la sua potenza filosofica e la sua coerenza» (come ricorda lo storico Roberto De Mattei nellintroduzione), dai due massimi esponenti del pensiero laico del tempo, Benedetto Croce e Giovanni Gentile. Era, infatti, un «affare interno» della Chiesa, che così isolava i suoi nemici più pericolosi e subdoli, il cui obiettivo era trasformare il cattolicesimo «da dentro» lasciandone intatto linvolucro strutturale.
Così, infatti, si esprimeva uno dei loro esponenti di spicco, il sacerdote Ernesto Buonaiuti, riferendosi alla Chiesa nella sua opera Il modernismo cattolico: «Diventerà un protestantesimo; ma un protestantesimo ortodosso, graduale, e non uno violento, aggressivo, rivoluzionario, insubordinato; un protestantesimo che non distruggerà la continuità apostolica del ministero ecclesiastico né lessenza stessa del culto». Un altro famoso modernista, il romanziere Antonio Fogazzaro, quando vide una sua opera messa allIndice fece atto (esteriore) di pentimento ma si giocò il Nobel, che gli antipapisti del comitato assegnarono allanticlericale Carducci.
Non era facile, in effetti, cogliere esattamente leresia modernista, dal momento che essa non si opponeva a questa o a quella delle verità rivelate. Ma papa Sarto ne individuò il punto centrale nel mutamento della nozione stessa di «verità», che per il modernismo era in evoluzione; così anche i dogmi. In tal modo la coscienza diventava il centro di tutto, la regola universale, lautorità suprema. Perciò, la fede non era più assenso dellintelletto alla verità rivelata da Dio, bensì una specie di cieco sentimento religioso. Ma non fu facile la lotta al modernismo, proprio per levanescenza del suo insegnamento: ci vollero dieci lunghi anni prima che Buonaiuti venisse sospeso a divinis. Negli anni Quaranta il modernismo riemerse con la cosiddetta Nouvelle théologie, che ebbe tra i suoi ispiratori Maurice Blondel e fu condannata da Pio XII con lenciclica Humani generis del 1950. Tra i suoi eredi successivi, il panteismo cosmico-mistico del gesuita-archeologo Pierre Teilhard de Chardin e la svolta razionalista del teologo, celebre negli anni Sessanta, Karl Rahner.
La trasformazione del vecchio modernismo nel progressismo odierno si ebbe al tempo del concilio Vaticano II; soprattutto dopo, quando il cosiddetto «spirito del concilio» convertì molto clero a quell«ermeneutica della rottura» che lattuale pontefice non si stanca di condannare: il Vaticano II - dice in sostanza Benedetto XVI - va letto in continuità con tutta la tradizione precedente, e non costituisce affatto una «rottura» con il cattolicesimo definito sprezzantemente «pacelliano» o «preconciliare». Infine, una vera e propria leggenda nera è stata artatamente creata attorno al prete Umberto Benigni, che affiancò s. Pio X nella lotta al modernismo con il Sodalitium Pianum (Sodalizio San Pio V, creato nel 1909 e sciolto nel 1921) e lagenzia di informazioni Corrispondenza romana.
Come nota De Mattei, certa storiografia contemporanea «ha ripreso le accuse di delazione e spionaggio già lanciate dai modernisti contro il prelato romano». Il che costituisce unulteriore conferma dellodierna egemonia culturale del progressismo. Ma si dovrebbe, del pari, ricordare il clima del tempo, e soprattutto quello che lo storico Lorenzo Bedeschi definiva il «multiforme e fervido lavorio segreto» dei modernisti, che costituivano «un reticolo inafferrabile e variegato» diffuso nelle principali città italiane. La lotta antimodernista di s.
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