Sì alla manovra, ma Tremonti aspetta La sfida decisiva sarà lunedì in Borsa

Dopo il via libera alla manovra (scheda), rigoroso silenzio del ministro prima che parli piazza Affari. Ma si concede una battuta sul caffè con Fini: "Speriamo abbia pagato". Il Cav teme la speculazione: "Non consegno l'Italia ai pm come nel '92". E sui mercati: "L'aggressione può tornare" 

Sì alla manovra, ma Tremonti aspetta  
La sfida decisiva sarà lunedì in Borsa

Roma - Alla Camera ieri non c’era solo lui, ma i riflettori non si sono spostati nemmeno un attimo da Giulio Tremonti. Apparentemente con scarso successo visto che il ministro dell’Economia ha schivato per tutta la giornata cronisti e peones e non è intervenuto pubblicamente nemmeno nell’Aula di Montecitorio per il rush finale della manovra.
Per il ministro dell’Economia fanno fede le interviste e ieri c’era quella rilasciata al Wall Street Journal per rassicurare i mercati mondiali sulla tenuta dei conti italiani e rivendicare l’approvazione in tempi velocissimi del decreto. La politica nazionale ha fatto un passo indietro, si è rifatta viva solo per attenuare i tagli anti casta, ma la partita che si è giocata in questi giorni, e che continuerà anche questo fine settimana, è di quelle che la classe dirigente del Belpaese non ama e che, invece, piacciono molto a Tremonti. Istituzioni italiane di fronte agli investitori internazionali, impegni con l’Europa rispettati e istituzioni di Bruxelles da bacchettare: «Avanti o facciamo la fine del Titanic».
Partita talmente internazionale e tremontiana che ieri hanno fatto da sfondo persino gli incontri e i vertici ai quali ha partecipato il ministro. Quello con il premier Silvio Berlusconi e il leader della Lega Nord Umberto Bossi. Quello con il presidente della Camera Gianfranco Fini, che gli ha offerto un caffè e ha motivato: «Vista la situazione del governo». Poi lo scambio di battute in Aula con il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini.
Ai giornalisti, e non solo a loro, premeva solo sapere se il ministro dell’Economia è preoccupato per la riapertura delle borse lunedì mattina. Quando, a bocce ferme, i mercati decideranno se la manovra è sufficiente oppure no.
Tentativi andati tutti a vuoto. O quasi. Perché a un certo punto il ministro ha risposto suggerendo ai cronisti due letture di Georges Simenon. Tre camere a Manhattan e Il Presidente. «Bellissimo», ha detto parlando dell’ultimo libro. Le sinossi spiegano che si tratta della storia di un uomo anziano e molto potente, a un passo da diventare presidente, che viene controllato perché qualcuno lo ritiene pericoloso. Facile trarre conclusioni da retroscenisti e vedere dietro l’uomo potente il premier o lo stesso Tremonti che i retroscena danno in corsa un giorno per un esecutivo di salvezza nazionale, un altro per un governo di transizione e un altro ancora per la guida del centrosinistra. Ma il rischio è di fare lo stesso errore di chi ha tradotto la frase sul Titanic in chiave italiana, mentre si trattava del vecchio ragionamento sulla politica europea che deve cambiare e agire se non vuole naufragare.
Anche l’altro libro dello scrittore belga si presta a una lettura tutta interna alla maggioranza. I protagonisti sono «così tenacemente avvinti l'uno all'altro che la sola idea della separazione risulta loro intollerabile».

Ma forse a Tremonti questi ragionamenti non sono passati nemmeno per la testa, tanto che, mentre i cronisti cercavano di interpretare il significato delle letture consigliate, il ministro si preoccupava del caffè che gli aveva offerto Fini alla buvette della Camera: «Speriamo abbia pagato».

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