Un sì pasticciato sull’Irpef: l’opposizione ricorre al Tar contro la delibera-stangata

Dalla pagina 18 del programma elettorale di Giuliano Pisapia: «Si privilegerà il prelievo sull’utilizzo e consumo della città rispetto al prelievo sui redditi». Non è un caso che i quattro consiglieri leghisti nel cortile di Palazzo Marino facciano il pollice verso e indossino una maglietta nera e arancione con lo slogan «Irpef e Atm, le bugie di Pisapia». Venerdì scorso la giunta ha già votato l’aumento del tram da un euro a uno e mezzo. Il centrosinistra è riuscito a votare in aula l’introduzione dell’addizionale allo 0,2%, pagheranno oltre 221mila cittadini con reddito superiore a 33.500 euro. Avranno lo sconto grazie a un emendamento di Pdl e Lega (accettato dal Pd solo per mettere fine all’ostruzionismo dell’opposizione e andare tranquilli in ferie) i nuclei con disabili o anziani a carico. Letteralmente, il centrodestra aveva scritto nel testo «nuclei familiari» ma radicali e Sinistra x Pisapia hanno preteso la correzione. «Loro si vergognano a parlare di famiglia - ha attaccato in aula il Pdl Riccardo De Corato nella sua dichiarazione di voto contrario alla delibera -, per noi rimane quella prevista costituzionalmente ed è un valore da difendere». L’Irpef passa con 22 voti a favore e 14 contro, oltre a Pdl e Lega bocciano il provvedimento anche il rappresentante del terzo polo Manfredi Palmeri («doveva essere l’extrema ratio, non la prima») e quello del Movimento 5 stelle Mattia Calise, che pure ha garantito per due volte il numero legale nei giorni scorsi. Ma Pdl e Carroccio non si arrendono e preparano il ricorso al Tar per salvare i milanesi dalla tassa, giovedì incontreranno gli avvocati. Puntano in primis alla sospensiva, poi a una valutazione nel merito. Contestano la gestione dell’aula da parte del presidente Basilio Rizzo, duramente attaccato anche ieri («è stato il 13esimo assessore in aula, chiederemo l’intervento del prefetto» ha avvertito De Corato). Nell’elenco dei cavilli già scritto dall’opposizione si è aggiunto ieri il mancato voto sull’immediata eseguibilità del provvedimento. Dopo l’Irpef è stata approvata la variazione di bilancio, ma con la pregiudiziale avanzata dal Carroccio: «Le risorse a bilancio dopo che è stata modificata l’esenzione Irpef richiederebbero la correzione della delibera in giunta, votare questa versione è illegittimo». Altri appigli al ricorso. Il disequilibrio è di 6,4 milioni, colmato per metà da tagli a ufficio stampa e gabinetto del sindaco. Il centrodestra lancia per settembre una campagna in piazze e gazebo per raccontare «le bugie e le gabelle di Pisapia»: «Usciamo a testa alta da questa prima battaglia avendo alleggerito un pò la manovra. I comunicati duri di Cub e Cgil dicono che chi ha sostenuto il vento arancione inizia a ripensarci, ma avessimo votato noi tasse di questa portata ci sarebbero stati scioperi e manifestazioni». Il leghista Alessandro Morelli critica la «poca trasparenza in aula».
Il Pd vota «convintamente la delibera» ha premesso la capogruppo Carmela Rozza, criticando l’ostruzionismo ma ammettendo anche i «miglioramenti apportati alla delibera» con lo sconto alle famiglie disagiate. Vota a favore ma prova a dissociarsi Sel. «Lascia a tutti l’amaro in bocca l’introduzione dell’addizionale» afferma Ines Quartieri in aula, ma si parla della solita «scelta obbligata». A favore il radicale Marco Cappato («non ho sentito dall’opposizione alternative credibili»). Mentre il grillino Calise boccia l’addizionale perchè «in bilancio non ci sono sufficienti tagli a sprechi e privilegi». Richiama l’articolo 90 del testo unico degli enti locali e le 21 assunzioni per oltre 1,2 milioni firmate dalla giunta Pisapia nelle ultime tre settimane: «Sarebbero legittime in un ente non dissestato o non strutturalmente deficitario. Quindi, o il bilancio è in crisi come sostiene l’assessore Tabacci e le assunzioni sono fuorilegge, o sono legittime, ma non sono giustificabili Irpef e aumento dei biglietti». Assente il consigliere Idv Raffaele Grassi, che venerdì aveva lasciato per protesta l’aula.

Voleva alzare la soglia dell’esenzione a 40mila euro ma il suo emendamento, con un’abile mossa del presidente, è decaduto. Acqua agitate anche nel terzo polo. L’Api si dissocia da Palmeri: «Il suo voto contro è una scelta personale e politicamente sbagliata».

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