Sostenere la missione italiana in Libano, ingaggiata nellUnifil, è giusto per una sola ragione: vi sono impegnate Forze Armate, le nostre, che hanno dato e danno importanti prove in Irak, in Afghanistan, nei Balcani e in altri fronti, e che stanno iniziando unoperazione pericolosa e incerta. Lassenso parlamentare non può però rappresentare un appoggio alle scelte internazionali dellUnione, né in Medio Oriente né altrove. È una politica estera fondata sul relativismo. Basta guardare Romano Prodi in Cina, che dimentica quasi con allegria la «condizione umana» che sta dietro allesplosione di ricchezza e competitività. Basta soffermarsi sulleuropeismo usa e getta di cui danno prova le forze del centrosinistra che un giorno esaltano un «nuovo ruolo» e il giorno dopo rivendicano la piena sovranità nazionale. Basta rendersi conto dellimmenso vuoto che cè dietro le mitologie del multilateralismo e dellopzione del dialogo con tutti.
Il tutto mentre «ogni giorno, ogni ora già confermano il carattere improvvisato, fragile, superficiale della pace, della risoluzione 1701»; mentre «lEuropa sembra rischiare di tornare alla sua storia, tragica e infamante dei suoi anni 30 e 40»; mentre «in Medio Oriente sembrano prevalere le volontà di guerra più o meno santa, di intolleranza, di mortale inimicizia contro il mondo moderno e le sue fondamenta civili»; mentre «lobiettivo della eliminazione dello Stato e del popolo israeliani dal Medio Oriente» è oggi «non più solamente ammesso, ma proclamato e propagandato dalla massima autorità dellIran e dal complesso sistema di potere e di guerra terroristico».
Attenzione. Questi giudizi, citati tra virgolette, non appartengono ad un proclama neo-conservatore, non provengono da un sostenitore della «guerra preventiva», non sono brani di un discorso di Bush. Sono tratti dallappello per il Satyagraha mondiale per la pace lanciato da Marco Pannella. Assumo come atto daccusa a carico della politica estera italiana lallarme lanciato da una personalità che ha scelto lalleanza elettorale dellUnione e la partecipazione al governo Prodi.
Non mi interessa qui chiedere al leader radicale: e allora? Conosco già la risposta. Il problema è il divario tra la realtà, che fortunatamente a sinistra qualcuno riesce ancora a decifrare, e le scelte quotidiane annunciate da Palazzo Chigi e dalla Farnesina, che danno limmagine di un pericoloso neutralismo, dietro ad un attivismo del presidente del Consiglio e del ministro degli Esteri che sembra solo fine a se stesso e agli uffici stampa. Il successo di unazione diplomatica non si è mai misurato sulla quantità di incontri e di conferenze, ma sui risultati.
Quale risultato ha finora dato una scelta le cui tappe sono state il ritiro dallIrak, il rifiuto ad un maggior impegno in Afghanistan, lapertura di una linea di credito a forze politico-terroristiche come Hamas ed Hezbollah, il dialogo diretto, oltretutto un po scomposto, avviato con il regime di Ahmadinejad sul programma nucleare fondamentalista? Nessuno. Aspettiamo poi di sentire le parole che verranno pronunciate sui diritti delluomo in Cina. Questo al momento è il bilancio del relativismo al potere.
La missione in Libano capisco Paolo Guzzanti è parte di questo teorema.
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