SABINA NEGRI «Attenti, è tornata la “Bella Gigogin”»

Autrice, conduttrice, presentatrice, attrice: confessioni e ricordi di una icona-pop nata «pasionaria» e promossa primadonna

La prima volta che vidi Sabina Negri fu a una cena dove l’allora signora Calderoli invece di parlare delle sorti della Lega illustrò il tormento e l’estasi di chi, come lei, aveva fatto del teatro l’asse portante del suo quotidiano.
E ricordo ancora quanto mi stupì che quell’incantevole gazzella dagli occhi venati di pallido azzurro fosse del tutto disinteressata al piccolo schermo preferendogli il puntiglioso scandaglio della «Confessione», dove narrava la fine di Fra’ Lorenzo, colpevole di aver unito in matrimonio Giulietta e Romeo.
Se lo ricorda, Sabina, ora che è diventata un’icona delle trasmissioni popolari?
«Icona io!? Via, vogliamo scherzare? Diciamo piuttosto che ho scoperto una nuova strada per comunicare col pubblico, dove l’informazione va a braccetto con l’ironia e l’intelligenza con la voglia e la volontà di stupire, come facevano i personaggi di Oscar Wilde».
Sia sincera: tutto questo non la sta allontanando dal teatro, la sua prima passione?
«Ma per niente al mondo! A Markette, grazie a Piero Chiambretti, non si fa teatro?».
Se lo dice lei...
«Non lo dico io, ma i fatti. Guardi la scenografia dello studio con la passerella del glorioso varietà dove, da un momento all’altro, ci si aspetta di veder sgambettare la Wandissima mentre da altri sparsi luoghi deputati ammicca la strega che predice il futuro coi tarocchi... È o non è lo scenario tipico di una commedia del Cinquecento?».
Mi arrendo e, al tempo stesso, mi compiaccio di tanto trasformismo. Ma ho un rimpianto: dov’è finita la “Bella Gigogin” sbarcata sui Navigli con tanti sogni nel cassetto e una valigia di copioni?
«È presente ora più che mai. Tant’è vero che, dopo un’esperienza d’attrice l’estate scorsa in un testo altrui intitolato Sani ma strani, ho appena terminato la stesura di Ho perso la faccia, una farsa semitragica di cui sarà protagonista il mio attore-feticcio Carlo Delle Piane in coppia accanto a Erika Blanc nei panni di una deliziosa svampita».
Parlando di attori, che fine ha fatto il suo ex-nipote Paolo Casiraghi, che l’ha affiancata in Sani da legare?
«Se vogliamo parlare di ex, Paolo non è nipote mio, ma di un altro ex, ossia Roberto Calderoli che, per la legge, è ancora mio marito. Detto questo, il mio amico Paolo che è quasi mio coetaneo ed è ormai un nome di punta nel cabaret milanese, sarà uno dei comici che presento due volte al mese al Teatro San Babila nel mio show Il cielo sopra Milano. Un titolo che sa molto di Wim Wenders.
Ma cos’è in realtà?
«Una rassegna scanzonata di nuovi e nuovissimi entertainers delle ribalte lombarde che io introduco, variando di volta in volta gli ospiti, sulla ribalta di un teatro originariamente votato alla prosa».
Un bel traguardo per la ragazzina dalle lunghe trecce somigliante come una goccia d’acqua a Pippi Calzelunghe che vinse a diciassette anni il festival Genova-Pegli con un copione stretto al cuore come un talismano. Come mai era così spaventata?
«Avevo appena visto al Nuovo di Milano il maestro Giorgio Albertazzi e Anna Proclemer in Antonio e Cleopatra, lo spettacolo che decise della mia vocazione. Trovarmeli davanti accanto a Ferzetti e a Gino Paoli fu per me un vero e proprio choc. Davvero a quei giganti del gran teatro era piaciuta la piccola prova di una piccola autrice che si reggeva malferma sulle gambe come un pulcino appena uscito dall’uovo? Non riuscivo a crederci».


Mi tolga una curiosità: ora che il pulcino si è tramutato in uno splendido animale da palcoscenico, ha intenzione di abbandonare Milano?
«Mai. Mi mancherebbero troppo i Navigli dove passeggio al calar del sole mormorando le frasi dei miei copioni tra le risa e le approvazioni di chi gioca alla morra come nell’Ottocento. È quello il mio vero teatro».

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