Saccheggi Prime reazioni alle ultime gesta degli «universitari» che devastano impuniti

Arrivano le reazioni all’ennesimo saccheggio e all’ennesima violenza fatta alla città in nome della contestazione alla riforma della scuola. Le devastazioni alla libreria Mondadori (che ieri ha presentato formale denuncia), gli immancabili soprusi tollerati da forze dell’ordine e istituzioni che colpevolmente lasciano perpetrare reati «nella città dei diritti a delinquere», provocano lo sdegno di qualche forza politica. Ovviamente non dei democratici rappresentanti degli enti locali. Claudio Burlando, Marta Vincenzi e Alessandro Repetto proseguono nel loro silenzio-assenso a manifestazioni che nulla hanno a che vedere con il confronto democratico. Arrivano invece prese di posizioni di Lega e Pdl. «Ma che studenti, ieri ero in via Venti e ho visto un branco di ragazzotti dei centri sociali anche un po' attempati manipolati dalla sinistra estrema che hanno assaltato la Mondadori terrorizzando commessi e clienti - tuona Edoardo Rixi, capogruppo in Regione della Lega - Sono i soliti che vivono sulle spalle delle loro famiglie e pensano che l'Università sia una sala giochi e le nostre strade, un campo di battaglia. Per loro ci vorrebbe la Garaventa, storica nave scuola che Don Gallo ha ben conosciuto». Durissimo anche Gianni Plinio, responsabile sicurezza del Pdl. «Un conto è il diritto al dissenso, altra cosa è saccheggiare un esercizio commerciale. Chi ruba è un ladro e va punito - incalza l’esponente Pdl che chiede al questore di Genova di fare finalmente qualcosa - È necessario mettere, una buona volta, in condizione di non nuocere ben individuate frange dell’ultrasinistra genovese». Sia Rixi che Plinio non risparmiano neppure don Gallo che ha spiegato di essere moralmente al fianco dei saccheggiatori. Le voci di Plinio e di Rixi si levano peraltro sempre per denunciare i soprusi autorizzati a Genova.

Sono tra i pochi che non rischiano di veder tacciare le loro dichiarazioni come esternazioni «secolari», nel senso che arrivano dopo che, finalmente anche il Secolo XIX ha definito le solitamente colorate manifestazioni studentesche un «esproprio proletario».

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