Sacconi: "Sui dipendenti pubblici il governo ha creato un nuovo soviet"

da Roma

Dipendenti che decidono le carriere e le sanzioni dei loro dirigenti, mobilità inesistente e sindacati coinvolti in ogni aspetto dell’organizzazione. E con voce in capitolo anche nel determinare le linee guida che deve seguire l’Aran, cioè la loro controparte. Ce n’è abbastanza perché Maurizio Sacconi veda un modello organizzativo in stile soviet dietro il memorandum sul pubblico impiego siglato giovedì da governo e organizzazioni dai lavoratori. E la colpa - spiega il senatore di Forza Italia, autore di una delle prime riforme del pubblico impiego - è solo del ministro della Funzione pubblica.
Non c’è niente da salvare?
«È una mostruosità. È la codifica, in termini che non hanno precedenti, di un modello cogestionale nell’amministrazione pubblica».
Ed è una novità?
«In questo caso è diverso. Vedo una voglia di soviet che non ha eguali nella storia italiana, perché il sindacato condivide la determinazione degli indirizzi e soprattutto partecipa al potere di organizzazione che è da sempre riserva esclusiva della legge, nel caso del pubblico, e del datore nel caso del privato. Il potere di organizzazione non deve essere negoziale».
Teme che si manchi l’obiettivo di responsabilizzare i dipendenti pubblici?
«Di più. Dico che hanno realizzato il contrario di quello che dicono di avere fatto. C’era una domanda di ricostruzione dell’assetto gerarchico nelle amministrazioni pubbliche, il completamento dell’autonomia gestionale, l’affermazione dell’autonomia della dirigenza nel gestire le risorse umane e finanziarie. Il memorandum realizza esattamente l’opposto: delegittima la dirigenza e dà ai sindacati un enorme potere di veto».
La licenziabilità dei dirigenti non favorisce l’efficienza?
«Mi sembra solo un atto di delegittimazione dei dirigenti, le cui associazioni non sono state ascoltate. Si riduce il loro numero e si regolano le carriere, fino a prevedere sanzioni. E il tutto viene deciso con le organizzazioni dei dipendenti, cioè di quelli che nel posto di lavoro sono i loro subalterni».
Cosa c’è di sbagliato nella mobilità degli statali?
«Che secondo il memorandum può essere solo contrattata o volontaria, e mai decisa unilateralmente dall’amministrazione. Il che significa che non si farà nessuna mobilità, come non si è fatta in questi anni. C’è un arretramento anche sulle esternalizzazioni: servirà il consenso del sindacato per decidere se le pulizie debbano essere affidate a un esterno».
Sembra realizzarsi anche l’impegno per l’assunzione dei precari...
«Avranno riconosciuto un diritto soggettivo alla stabilizzazione senza concorso e soprattutto a prescindere dall’effettiva esigenza da parte delle amministrazioni. Senza contare il destino dell’Aran. Gli indirizzi dell’agenzia saranno decisi dal governo e dagli stessi sindacati. Immagino cosa succederà ai negoziati per i contratti del pubblico impiego. Poi non si parla per nulla dell’effettività dei procedimenti disciplinari per i dipendenti pubblici».


L’ennesima vittoria dei sindacati?
«Attenzione perché la responsabilità non è del sindacato, che ha fatto il suo mestiere, è piuttosto di questo governo e del ministro Nicolais che, oltre ad aver escluso organizzazioni rappresentative come la Confsale e la Cisal, non ha avuto il coraggio di aprire nemmeno una pur timida vertenza. È bastata un’alzata di sopracciglio del sindacato perché si consegnasse mani e piedi alle organizzazioni dei lavoratori. Non era mai successo».

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