La «sacra rappresentazione» secondo Verdi

Pietro Acquafredda

Alla soglia della vecchiaia, Giuseppe Verdi si gettò nell'impresa più impegnativa della sua vita. Non un’opera in senso stretto, ma neppure così diversa dalle tante con le quali aveva rappresentato i tragici destini di infiniti eroi ed eroine in carne e ossa. Non personaggi comuni, né potenti. In scena c’è l’uomo, non uno in particolare; tutti gli uomini, nel momento in cui si trovano ad affrontare un passaggio tragico, che nessuno e per nessuna ragione al mondo può evitare. La nuova, grandiosa opera la intitolò Messa da Requiem; in essa si rappresentava il dramma della vita, della morte e del giudizio al cospetto di Dio.
L’occasione venne dalla scomparsa di Rossini, il 13 novembre 1868. Giuseppe Verdi si fece promotore di un’iniziativa collettiva: domandare a 12 musicisti, lui compreso, di scrivere ciascuno una delle parti della Messa per i defunti, per eseguirla a un anno esatto dalla morte del musicista. L’iniziativa fu avviata, a Verdi toccò il «Libera me, Domine», ma quell’esecuzione non ebbe mai luogo. La si è realizzata, solo in anni recenti, dopo accurate ricerche negli archivi. Verdi non si arrese e pensò di scrivere da solo una Messa da Requiem, aggiungendovi le parti mancanti al «Libera me, Domine».
Passarono alcuni anni, senza che abbandonasse l'idea; poi un altro fatto luttuoso, la morte di Manzoni, il 22 maggio 1873, lo convinse definitivamente a realizzare il progetto. Un anno dopo, la Messa fu eseguita, lo stesso Verdi sul podio, e quella «sacra» rappresentazione sulla vita e la morte cominciò il suo cammino nelle sale da concerto di tutto il mondo.
Evidentemente l’ama come ama tutto il repertorio verdiano e la esegue spesso anche Antonio Pappano che ora ha una ragione in più per riproporlo: concludere degnamente il trittico sinfonico-corale con il quale ha voluto caratterizzare il suo arrivo a Roma da direttore musicale dell’Accademia: Un Requiem tedesco di Brahms, alla fine della scorsa stagione, War Requiem di Britten, solo pochi giorni fa come opera inaugurale, ed infine la Messa da Requiem di Verdi.
Alle prove, Pappano segue ed incita coro, solisti e orchestra a seguirlo in questa sacra rappresentazione che alterna momenti dolcissimi ad altri, addirittura naif, ad altri ancora, struggenti, a quelli in cui si scatena il putiferio.
Pappano esige da tutti di immaginare un’atmosfera particolare, l’atmosfera di una chiesa, invita ad essere autentici e convinti. Ci si chiede spesso se questa musica, che profuma di melodramma, sia idonea ad esprimere un genuino, interiore sentimento religioso. La risposta non può che essere affermativa, perché qualunque lingua, anche quella musicale è neutra, dipende da ciò che le si fa dire e soprattutto dal modo con cui lo si intende dire. Un analogo esempio, di altrettanta genuina espressione religiosa può offrirla un altro capolavoro del genere: la Petite Messe Solemnelle di Rossini.


Nella realizzazione verdiana al fianco di Pappano vi sono ottimi solisti: Tamar Iveri (soprano), Sonia Ganassi (mezzosoprano), Giuseppe Sabbatici (tenore) e Ildar Abdrazakov (basso).
Sala Santa Cecilia. Questa sera ore 18; lunedì (ore 21), mercoledì (ore 19.30). Biglietti da 16 a 41 euro. Info: 06.8082058.

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