È l'autrice stessa a spiegare il titolo del suo libro Dopo di me, pubblicato per la prima volta nel 1967 e riedito adesso da De Ferrari: lei, Camilla Salvago Raggi, ultima discendente delle due nobili casate di cui porta il cognome, si domanda con inquietudine quale sarà alla sua morte il destino di Campale, la tradizionale dimora estiva della famiglia nell'Alto Monferrato che insieme alla non lontana Badia di Tiglieto ha un ruolo di primo piano in questa «sorta di sagra familiare, ispirata alla Penombra che abbiamo attraversato di Lalla Romano». Luoghi e personaggi si ritrovano nei successivi libri autobiografici L'ultimo sole sul prato, Il noce di Cavour, Prima del fuoco, Castelvero, a dimostrazione del profondo interesse della scrittrice per gli archivi di casa, le lettere e le fotografie antiche. Polvere, ragnatele, erbacce potrebbero essere il malinconico futuro di una casa ora vissuta e amata. Nella prosa essenziale che le è propria, l'autrice rievoca affettuosamente dettagli e atmosfere della villeggiatura signorile di una volta, vissuta da lei stessa ragazzina negli anni Trenta, colori, rumori, odori e abitudini, dall'ora del tè sul prato alla conversazione in francese a tavola, dal pavone tenuto in giardino a scopo ornamentale al profumo di tigli e erba secca della Badia, «struggente e casalingo come quello del fumo che si levava dai comignoli».
Alla giovanissima Camilla piacciono «le cose molto usate», come la fossetta che si forma nella pietra di uno scalino, l'incavo del tagliere o i grossi quaderni neri su cui l'autoritaria nonna trascrive puntigliosamente brani di letture e aneddoti. Annoiata dai discorsi dei «grandi» e dalla disciplina che viene imposta a una signorina «per bene», è sempre alla ricerca di ingenue emozioni, come assistere da vicino al volo dei pipistrelli o girare alla ricerca di una stanza segreta, un fantasma o lo scheletro di un murato vivo nei muri della Badia. O come prendere, insieme all'amica Baba (Beatrice Donghi), una cotta adolescenziale per l'ignaro «manente» Andrea, fatta di batticuore e fantasticherie, e descritta con gustosa ironia.
Spicca la figura carismatica del nonno Giuseppe Salvago Raggi, altissimo, capelli candidi, sempre vestito di lino bianco, governatore, ministro e ambasciatore a Pechino nel 1900, all'epoca della rivolta dei boxers, che trova impensabile qualsiasi forma di confidenza con la servitù, ma che - scopre la nipotina dai suoi diari - in anni lontani ha condiviso una toccante amicizia con il giovane contadino Bernà, insegnandogli a leggere e scrivere.
Camilla Salvago Raggi, «Dopo di me», De Ferrari Editore, pagg. 160, Euro 14
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