Il saggio E il vero rischio per i giovani è l’overdose di informazioni

Il mondo è diviso in due. E rischia una nuova Guerra fredda. Una guerra che durerà qualche decennio, anche se sembra già chiaro chi la vincerà (se non altro per fattori anagrafici). Non stiamo parlando del solito «scontro di civiltà» tra cristiani e musulmani o di un ritorno della Cortina di ferro. Semplicemente del confronto sempre più serrato e senza esclusione di colpi tra chi è nato nell’era digitale e chi invece si ricorda il «prima», quando i telefoni avevano la rotella e l’enciclopedia era di carta. Lo spartiacque, rigido quanto il Muro di berlino, è il 1980. Tutti quelli nati dopo hanno una forma mentis precisa, modellata sui computer, sulla rete, sui blog. Quelli nati prima, magari sono dei «tecnocrati» espertissimi, ma sono arrivati alle nuove tecnologie da grandi, non le hanno nel loro Dna culturale. Ecco, allora, che questi due mondi separati da miglia di terabite di dati si capiscono poco. Esiste una faglia generazionale, altro che Sessantotto, su cui si riflette ben poco (tolto qualche Solone che si limita al solito: si stava meglio quando si stava peggio). Ecco, allora, che diventa utile un libro come Nati con la rete di John Polfrey e Urs Gasser (Rizzoli, pagg. 488, euro 12,50). I due autori sono esperti di diritto della tecnologia e di effetti sociali della medesima e in questo saggio, ponderoso ma non noioso, hanno cercato di tracciare un «profilo» che renda comprensibili, senza pregiudizi, ai vecchi «predigitali» i giovani «digitali».
Il quadro che ne esce, varrebbe la pena lo leggessero anche i «nativi web» dell’era post 1980, è problematico ma non sconfortante. C’è una nuova generazione flessibilissima nell’imparare, capace di pensare in maniera interattiva e molto più pronta a formare reti di sapere condiviso. Ai «predigitali» possono sembrare solitari e maniacali nel loro fissare lo schermo per ore. Ma per loro lo schermo è un luogo reale di conoscenza e amicizia, un’agorà di dimensioni enormi. E spesso la capacità di approfondimento di questa nuova generazione è maggiore di quella dei vecchi sfogliatori di libri (come lo scrivente). L’effetto sovraccarico è però sempre in agguato, è il vero limite di questi «apprendisti stregoni». Come spiega nel libro uno studente di Harvard diciottenne: «I giornali stampati... ti danno una sensazione tipo: ok questo è un numero, e c’è scritto cosa è successo questa settimana. Su internet non c’è inizio né fine».

Così quando un ragazzino sta per venti ore filate a fare ricerche sulla Seconda guerra mondiale, e a ogni link si accorge che ci sarebbe qualcosa in più da sapere, è allora che bisogna spegnergli il computer, dirgli che va tutto bene. Se si limita ai videogiochi: tranquilli, è un vecchio dinosauro come noi.

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