Una «sagra» colorata che fa tesoro della lezione di Brecht

Grande interpretazione su testi di scrittrici come la Cederna e la Aspesi

Ma è proprio vero che Luigi Pirandello, come si è sempre sostenuto, si è limitato per quanto riguarda la famosa teoria del «teatro nel teatro», a scrivere la sola trilogia formata dai Sei personaggi, proseguita con Ciascuno a suo modo e idealmente conclusa con Questa sera si recita a soggetto? Quando c'è almeno un'altra ipotesi, magari spuria ma densa di implicazioni, che punta vistosamente le sue carte su un'altra trilogia. Quella formata da Enrico IV, Trovarsi e soprattutto da quella Sagra del Signore della nave che, scritta a ridosso di Ciascuno a suo modo appena dodici mesi dopo la folgorante apparizione del secondo tassello del «teatro nel teatro», ne completa e ne integra la traiettoria.
Un sospetto che si muta in certezza dopo aver assistito allo straordinario spettacolo, colorato e chiassoso come una sommossa popolare, che Vincenzo Pirrotta propone di questo testo ingiustamente dimenticato sia dagli esegeti che dai registi. I quali, ad eccezione di una sporadica rilettura coraggiosamente affrontata in passato da Scaparro con Paolo Poli protagonista, si direbbe siano stati fino ad ora spaventati dalla furia iconoclasta che anima da cima a fondo questo bellissimo atto unico. Dove, in occasione della sagra che si celebra nella campagna agrigentina tutt'uno alla festa religiosa del Signore della Nave, la grande immagine del Crocifisso miracolosamente gettata a riva dai flutti nel corso di una tempesta nel tempo divenuta leggendaria, gli uomini si comportano come bestie mentre, per quanto concerne gli animali, c'è da dubitare che proprio loro non costituiscano l'autentica comunità degli eletti. Dato che sul grande spiazzo dove ammicca, fatale e derisoria insieme, la bianca facciata della chiesetta di San Nicola si dan convegno grossisti, imprenditori, mercanti di bestiame e piccoli possidenti tra cui il volgare e ripugnante Lavaccara che, mirabilmente impersonato da Pirrotta stesso, disquisisce sul tema prediletto. Ossia se il suo suino fosse dotato della stessa intelligenza degli umani. Un paradosso negato a priori dall'esagitato Pedagogo di Giovanni Calcagno mentre, dal lato opposto della barricata, il Taverniere che, nell'icastica raffigurazione di Filippo Luna, sfoggia impressionanti capacità oratorie, si affanna a tacitare animi e coscienze.


In uno spettacolo di esemplare coerenza che fa tesoro della lezione brechtiana delle Nozze dei piccoli borghesi, un testo guarda caso datato, per le scene, al 1926 ma scritto lo stesso anno in cui vide la luce questa Sagra infernale.

SAGRA DEL SIGNORE DELLA NAVE - di Pirandello. Teatro di Roma e Nuovo Teatro Nuovo di Napoli. Adattamento e regia di Vincenzo Pirrotta, con Filippo Luna. Messina, Teatro Vittorio Emanuele, fino al 16 gennaio.

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