Sala, il sindaco "percepito" è migliore di quello reale

È il più amato d'Italia: piace la sua Milano patinata Ma ce n'è un'altra che annaspa e di cui si disinteressa

Sala, il sindaco "percepito" è migliore di quello reale
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Piace il sindaco Giuseppe Sala. «Piace alla gente che piace...» come diceva qualche anno fa un spot di una famosa casa automobilistica. Piace a chi lo ha votato e anche a qualcuno in più con un consenso che, secondo il Governance Poll 2023, realizzato per il diciannovesimo anno consecutivo dall'Istituto demoscopico Noto Sondaggi per il Sole 24 Ore, raggiunge il 65% in crescita di 7,3 punti percentuali rispetto al risultato delle urne. E ci sta. Non per sminuire, ma che i sindaci incontrino l'apprezzamento dei cittadini è abbastanza una regola e infatti, sempre per restare nella classifica dei più amati, per scendere sotto la percentuale del 50 per cento bisogna arrivare alla 74ma posizione, quella occupata dal sindaco di Messina Federico Basile. Per tutti gli altri più o meno è «gloria».

Che la Milano amministrata da Giuseppe Sala sia una città modello è abbastanza innegabile, è sempre stato così, fa parte della storia di una metropoli che ha un Dna europeo ed è da sempre la capitale industriale e non solo di un Paese che spesso ne ha sfruttato il traino. Milano è una vetrina «luccicante» capace storicamente di anticipare i tempi, di giocare d'anticipo, di attirare investimenti, turisti, di firmare le mode. E il sindaco che piace (più «piacione» che piacente in verità) è stato sempre molto bravo a sfruttarne la scia, da bravo ciclista prontissimo a mettersi a ruota. Dall'Expo, ai nuovi quartieri che hanno cambiato il volto alla città, dalla recentissima metrò 4 che in 12 minuti collega l'aeroporto di Linate a San Babila ha raccolto i frutti di un lavoro che va indietro nel tempo. Ovvio, ci ha messo del suo e gli va riconosciuto, dimenticandosi però troppo spesso che c'è un'altra Milano che brilla meno, anzi che non brilla proprio, che non si può far finta di non vedere e che meriterebbe tutte le attenzioni del caso, al pari delle tante, sacrosante, battaglie sui diritti civili, sui tempi ambientali, sulla sostenibilità che il sindaco pone nelle pagine nobili della sua agenda. Una città che deve fare i conti con le case che non ci sono, con i prezzi degli affitti che sfidano l'usura, con un costo della vita diventato proibitivo per chi lavora, per ci studia, per chi vive di solo stipendio, per chi lo stipendio non ce l'ha, con le barriere architettoniche che ancora impediscono a molti in carrozzina di non poter viaggiare su tutti i mezzi pubblici. Una città che deve fare i conti con la sicurezza, con il chiasso della movida, con quartieri dove l'integrazione è fallita e sono diventati ghetti, con vere e proprie emergenze come lo spaccio a Rogoredo, le bande giovanili che imperversano nelle periferie e non solo nelle periferie, con il degrado della stazione Centrale. E si potrebbe continuare. Ma il sindaco più amato spesso su questi temi pare un po' «distratto». Sarà che sono poco a la page, un po' sfigati, poco interessanti nell'attualità di un dibattito che a queste cose terrene poco si appassiona. Sarà.

E così ci si ritrova con due classifiche da mettere l'una di fianco all'altra per rendersi conto che esistono due città: quella «patinata» amministrata dal sindaco più amato e quella di cui «vergognarsi» che, come la polvere, finisce sotto i tappeti. E quasi una sensazione «climatica» che porta a distinguere tra il sindaco reale e quello «percepito».

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