RomaCè il drappo rosso, ci sono i commessi schierati, i microfoni puntati, le telecamere accese, cè persino Gianfranco Fini in abito scuro chiamato a officiare la cerimonia. Cè tutto quello che serve per celebrare Gianni con la dovuta e meritata pompa. Eppure lo sapete, trattandosi di lui, lufficialità se ne va presto a farsi benedire. Ecco allora il presidente della Camera che abbraccia Anna e che dà un pizzicotto sulla guancia di Larisa. Antonio, il fratello premio Strega, che scherza su Gasparri: «Dovrebbero arrestare lui preventivamente». Laura, la sorella ex deputato, che sorride a tutti. I colleghi che si scambiano aneddoti sulle imprese di Gianni lanciandosi sulle tartine: dalla commemorazione alla festa, comè giusto che sia. E così la commozione delle quattro di pomeriggio, alle quattro e mezzo è già evaporata nelle risate e nei brindisi in onore di un grande uomo che, un anno fa, ha lasciato tanti orfani.
A Palazzo Montecitorio, da giornalista, Gianni Pennacchi era di casa. E ora cè una stanza della sala stampa della Camera che porta il suo nome. Tutti hanno gli occhi lucidi, qualcuno si abbraccia mentre Fini tira il drappo e scopre la targa che lo ricorda. Solo al mitico Emilio Frattarelli era stato concesso un onore del genere. Gianni Pennacchi, cronista parlamentare di lungo corso e lungo fiuto del Giornale, ci manca da un anno tondo tondo, ma sembra ancora di vederlo, alto, fiero, con i suoi leggendari capelli bianchi, mentre attraversa il Transatlantico, scherza con tutti, trova notizie, insegna il mestiere ai ragazzi, spiega ai parlamentari come si fa politica.
Adesso tocca a Pierluca Terzulli, il presidente della Stampa parlamentare, pronunciare il discorso ufficiale. «Pennacchi - dice - era un uomo generoso ed un giornalista autenticamente libero, che non ha mai avuto paura di graffiare, non ha mai avuto pregiudizi ideologici ed è stato un esempio per tutti. La notizia della sua scomparsa traumatizzò la nostra comunità perché Gianni era una persona molto amata. Dopo tanti anni, non aveva perso il gusto di stupirsi e a volte di indignarsi».
Per fortuna non è intervento ingessato. Terzulli parla con affetto e racconta alcuni frammenti del personaggio Pennacchi. «Ce lo abbiamo tutti negli occhi, nelle trasferte, a capo di grandi tavolate. Mangiava, beveva, teneva banco e dava le dritte giuste ai colleghi più giovani. Sì, cercava sempre di mettere i giovani sotto la sua ala protettiva. Gli piaceva piacere. E adorava la sua famiglia.
La cerimonia è finita, tutti al buffet. Cè lo spumante, cè il panettone farcito, ci sono le paste. «Cè pure Gianni», dice un commesso. Forse è vero, forse non se ne è mai andato da qui.
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