da Milano
Cè lindagine che colpisce i satelliti finanziari del centrosinistra senza individuare responsabilità politiche. È ad esempio quella della Procura di Ferrara sul crac da un miliardo di euro della Coopcostruttori. Soldi polverizzati da una gestione non oculata che ha azzerato i risparmi di 10mila risparmiatori. Sui giornali non se ne parla sebbene coinvolga la prima cooperativa edile italiana. Dal lavoro degli inquirenti, invece, non emerge «un indizio uno» che colleghi le accuse rivolte ai manager della potente coop rossa a un ipotetico livello politico. Niente.
Cè lindagine che langue per anni, per poi rivitalizzarsi allimprovviso. Come quella sul re decaduto di Salerno, il dalemiano doc Vincenzo De Luca, primo cittadino sul golfo dal 1993 al 2001 con maggioranze bulgare per una città di tradizione democristiana. A Mariconda, quartiere ghetto in periferia, lo chiamavano «il sindaco delle fontane», a mo di sfottò.
Piazzava infatti spruzzi e proiezioni idriche a ogni incrocio della città con i poveracci che fino a ieri, o a ieri laltro, in casa ancora dovevano comprarsi la bombola del gas per cucinare pizza e struffoli. Poi arrivò il piano regolatore, le varianti, le gru, i progetti e un mare di denaro, anche dallUnione europea. Cera uninchiesta che - non si sa perché - è rimasta ibrida.
Come mai? Chi come il procuratore Luigi Apicella veniva accusato di favoritismi e di immobilismo è stato prosciolto dal Csm e dai colleghi della Procura di Napoli. Così il dilemma è rimasto. Di sicuro da quando lindagine è ripartita, è venuto fuori di tutto con il pm Gabriella Nuzzi a chiedere per tre volte larresto dellex primo cittadino De Luca e dellattuale sindaco Mario De Biase. Respinto. Sempre. E lo scandalo scivola nelle cronache cittadine.
La storia di Salerno offre langolatura giusta per affrontare unaltra questione. Quando le indagini riguardano il centrosinistra, i Pm finiscono spesso al centro di polemiche (Agostino Cordova a Napoli), nel mirino di interrogazioni parlamentari (unaltra inchiesta sulle coop a Ferrara) insomma si trovano di fronte a «un sistema di potere occulto e illecito - denunciava Nuzzi sul caso Salerno al Consiglio superiore della magistratura - che condiziona gravemente la pubblica amministrazione, che tende a orientare e favorire interessi privati di soggetti che a essa sono a vario titolo collegati».
Insomma, indagini che dormono nei cassetti delle procure, rallentate tra errori, dimenticanze e superficialità. Del resto le inchieste sui politici del centrosinistra non hanno mai avuto vita facile in Italia. In alcuni casi a pagare per primi sono stati gli stessi magistrati che si sono ritrovati trasferiti, sotto procedimento disciplinare o «dimissionari» per le vie spicce. E così misteri intriganti sono rimasti senza risposta.
Come quello del patrimonio dei Ds, case e uffici da mille miliardi di vecchio conio. A Venezia si era scoperto che era intestato a un plotone di prestanomi pur di non inserirlo a bilancio. Ma mai nessuno indagò per capire come si era accumulato negli anni portando questo partito a gestire un cespite immobiliare senza precedenti. E come a un certo punto venne liquidato. Ci sono poi le inchieste che «subiscono», diciamo così, percorsi a singhiozzo, errori investigativi e involuzioni.
Una per tutta è quella che riguardava i finanziamenti occulti al Pci-Pds tramite la Eumit, azienda di import-export di materiali ferrosi con lEst Europa. Ci lavorano due procure, Milano e Torino, con i primi interrogatori che risalgono addirittura al giugno del 1993. Sparita dalle pagine dei giornali per anni non se ne sa più nulla fino allottobre del 2000, quindi ben sette anni dopo, quando viene tutto archiviato. La motivazione è esemplare: essendo i fatti risalenti a prima del 1989 i reati qualora accertati sono caduti in prescrizione. E quindi il fascicolo che riguarda lex segretario Achille Occhetto e lex segretario amministrativo Renato Pollini finisce in soffitta.
Una storia di questi giorni è invece quella che riguarda Unipol. A indagare le procure di Milano e Roma. Questultima, in particolare, assume delle decisioni quantomeno criticabili come quella di rispedire al mittente la prima informativa sulla scalata a Bnl di Giovanni Consorte, stilata dal nucleo valutario della Guardia di finanza. Così nel novembre scorso non viene protocollata la prima informativa. Come le intercettazioni del manager di via Stalingrado con Piero Fassino o quella con Massimo DAlema.
Un linguaggio criptico che insospettì gli inquirenti visto che proprio in quei giorni di luglio più persone avvisarono Consorte degli sviluppi dellindagine. Ma anche qui non se nè saputo più nulla.
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