Salta il processo contro l’afghano convertito

Oggi la perizia psichiatrica: per i familiari l’imputato «dice di udire strane voci»

Fausto Biloslavo

Tutto da rifare nel caso di Abdul Rahman, l’afghano convertito al cristianesimo, che rischia la pena di morte in un carcere di Kabul. L’istruttoria è stata annullata per vizi formali e procedurali, quindi il processo riparte da zero. Non solo: oggi l’afghano accusato di apostasia sarà sottoposto a perizia psichiatrica e, secondo indiscrezioni, potrebbe tornare in libertà in attesa del nuovo procedimento. In realtà il presidente afghano Hamid Karzai punterebbe a trovare un Paese disposto a concedere asilo allo scomodo inquisito, reo di aver cambiato religione.
«Questo caso per via di alcuni vizi e difetti sia tecnici sia giuridici è stato rinviato all’ufficio della pubblica accusa», ha detto il giudice Ansarullah Mawlavizada. La conferma è venuta dal portavoce della Corte suprema, Abdul Wakil Omeri, che ha spiegato come il processo sia stato bloccato per «problemi relativi alle prove presentate dall’accusa». In pratica il procedimento dovrebbe ripartire da zero, ma uno dei «vizi tecnici» riguarderebbe la salute mentale dell’accusato. «È compito dell’ufficio del procuratore stabilire se è mentalmente idoneo per sostenere un processo», ha spiegato il portavoce della Corte suprema. «I suoi familiari dicono che Abdul Rahman non è in possesso di tutte le sue facoltà mentali, che è matto. Lui stesso dice di udire “strane voci” nella sua testa. Abbiamo rinviato il suo fascicolo al procuratore generale per un’inchiesta approfondita», ha spiegato Wakil Omeri.
Non a caso Rahman sarà oggi sottoposto a perizia psichiatrica nel penitenziario di Pol i Charki, alla periferia di Kabul, dove è stato trasferito per garantire la sua incolumità. Lo ha annunciato uno dei procuratori incaricato dell’istruttoria. Nel centro di detenzione della capitale, dove gli imputati attendono le sentenze, Rahman ha vissuto in cella con altri venti prigionieri, che lo minacciavano di morte, insultavano e gli sputavano addosso per essere diventato cristiano. A Pol i Charki si trova in una cella di isolamento non per punizione, ma per evitare altre aggressioni e gli sarebbe stata addirittura garantita una Bibbia che aveva chiesto.
Karzai aveva riunito il governo per affrontare il caso che ha provocato non solo una levata di scudi internazionali da parte di Paesi come la Germania, l’Italia e il Canada, che dispiegano le loro truppe in Afghanistan, ma anche una richiesta di grazia del Santo Padre. Poiché Rahman si è convertito 16 anni fa in Pakistan e poi ha vissuto a lungo in Germania, Karzai punterebbe a fargli ottenere asilo in qualche Paese occidentale evitando di rifare il processo e un’eventuale condanna a morte secondo la legge del Corano. Una soluzione di compromesso che forse calmerebbe anche gli ambienti oltranzisti e conservatori, guidati dagli islamisti e dai religiosi, che reclamano invece una punizione esemplare per l’apostata.
Il problema è che Rahman, originario della valle del Panjsher, non intenderebbe cedere e in un’intervista al quotidiano La Repubblica ha ribadito di non essere pazzo e di sentirsi pronto a morire per la sua fede se necessario. «Se fuggissi di nuovo significherebbe che il mio Paese non è cambiato. Senza diritti umani, senza rispetto di tutte le religioni - ha detto il convertito - hanno vinto i talebani».
Inoltre, Rahman ha citato in aula diversi esponenti governativi sostenendo di aver pregato assieme a Yahia Massoud, il fratello maggiore del famoso comandante Ahmed Shah, eroe nazionale ucciso da Al Qaida, che oggi è numero due dell’ambasciata afghana in Svizzera.
Anche per questi motivi la vicenda deve venire chiusa il prima possibile. Secondo una fonte anonima dell’apparato giudiziario afghano, «la decisione sul rilascio potrebbe essere presa anche domani (oggi per chi legge, nda).

Non sono costretti a tenerlo in carcere mentre il procuratore generale fa luce sulla vicenda».
Ieri il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ha dichiarato in un’intervista televisiva che Washington accoglierebbe come «un ottimo passo in avanti» la scarcerazione dell’afghano.

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