Che paura essere felici La nuova malattia dei ragazzi

I cherofobici non sono sempre tristi ma evitano le occasioni che possono dare piacere. Ecco perché

Maria Sorbi

Non è una vera e propria patologia. Ma la cherofobia, ossia la paura di essere felici, è un disagio che colpisce in particolar modo i Millennials. A descrivere quello strano senso di inadeguatezza è stata una ragazzina, dal palco di X Factor. Martina Attili ha scritto la canzone a 15 anni e l'ha proposta al pianoforte, snocciolando in rima uno stato d'animo molto diffuso nella «generazione dell'apparire».

Il disturbo non compare nel Manuale diagnostico e statistico Dsm 5, il sistema nosografico di riferimento per i disturbi mentali e psicopatologici più utilizzato al mondo. Eppure, a detta di tanti psicologi, appesantisce l'anima dei ragazzi che non sempre si sentono all'altezza delle vetrine social e della perfezione richiesta in tutto. Ad esempio, nelle foto Instagram in cui bisogna sempre essere impeccabili, felici e protagonisti. Temere la felicità è un'idea che destabilizza. E ha un che di romantico. In realtà non è paura di essere felici ma di non esserlo. Si teme che la felicità duri troppo poco, che dalle stelle si precipiti nell'abisso. E quel timore nella propria testa diventa spesso una certezza, una tassa inevitabile da pagare per un momento di gioia. Gli esperti classificano questo tipo di fobia come una forma di ansia, da non confondere con altri disturbi come la depressione o l'anedonia, l'incapacità di provare piacere.

LASCIATEMI STARE

Per capire, essere cherofobici non vuol dire essere sempre tristi, semplicemente significa tendere ad evitare occasioni, eventi, attività che possono portare piacere. Ad esempio rinunciando a una festa o a una cena di gruppo perché solo l'idea di avere un appuntamento sociale mette ansia, fa sentire come costretti a una prova. Si rinunciare agli slanci per paura dei crolli.

In alcuni casi i ragazzi cherofobici si auto convincono che divertirsi sia segno di cattiveria o di superficialità oppure dannoso per se stessi o per gli altri, o peggio, uno spreco di tempo. Insomma, una festa di compleanno è qualcosa da evitare, punto.

Come mai? È una forma di controllo sulla propria vita emotiva. Più una persona si sente vulnerabile, più cerca di tenere a bada emozioni, slanci e picchi di felicità. Magari per un inconscio ricordo di un episodio del passato in cui una forte aspettativa è stata delusa o in cui a una grande felicità è subentrato un momento di dolore ingestibile.

Questa fragilità morale non è certo aiutata dalla comunicazione su web, dove ogni aspetto della propria vita è spettacolarizzato, dove bisogna sempre essere all'altezza e dove la propria popolarità si misura in «like». Per spiegare cos'è la cherofobia, lo psicologo adolescenziale Andrea Calò, del centro di terapia strategica di Arezzo, prende in prestito le parole di Oscar Wild: «Nella vita ci sono due grandi tragedie: una è non ottenere ciò che si desidera, l'altra è ottenerlo». Che significa: «Quando otteniamo qualcosa che desideriamo - spiega Calò - temiamo di perderlo, di non riuscire a mantenerlo e questo crea frustrazione. Vincere significa dover mantenere le aspettative e il livello che si è raggiunto». L'ansia del dover mantenere intatto il livello di felicità si può quindi trasformare in una forte gelosia per il fidanzato o per gli amici, oppure in una forma di vittimismo, da utilizzare come strumento per far restare alto il livello di attenzione degli altri verso di sé.

IL VALORE DEL SUDORE

Fa un certo effetto pensare che lo spunto per parlare di cherofobia arrivi proprio dal palco dello show delle sfide, dove, prima di essere applaudito, il proprio talento viene sezionato, analizzato e paragonato ad altri. Ma sarebbe sbagliato parlare di contraddizione. Perché in fondo sotto quei riflettori il successo viene conquistato con l'impegno, non piomba addosso come qualcosa di inaspettato che catapulta in vetrina e stop. «La vita premia chi si mette in gioco e si impegna - aggiunge Calò - Il problema di oggi è che il fallimento viene considerato come una macchia di cui vergognarsi. Invece è l'unica via per arrivare al successo. Quando chiesero a Edison come avesse fatto ad inventare la lampadina, lui rispose: Ho sbagliato mille volte.

Ecco, se si fosse fermato di fronte a uno di quegli errori, non avrebbe mai ottenuto il risultato. Quando le conquisti con il sudore, le vittorie non spaventano più, le sai gestire e non diventano una fonte di ansia». E allora anche la cherofobia svanisce, e la felicità sta in piedi assieme alla soddisfazione.

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