Salute

Tumore, quali lavoratori sono più esposti al rischio

Alcune categorie di lavoratori sono maggiormente esposti. Ecco chi sono e cosa accadeva in passato

Chi sono i lavoratori più esposti al rischio tumore

Moltissime forme di tumore sono semplicemente frutto del caso e la medicina può intervenire provando a curarli e a far guarire il paziente. Tante altre, invece, si potrebbero prevenire semplicemente osservando alcune regole: non fumare, fare attività fisica e seguire una dieta equilibrata. Molti non sanno, però, che esistono anche alcune tipologie di lavoro che espongono al rischio di contrarre una neoplasia per il tipo di sostanze con cui si entra in contatto.

I lavori a rischio

L'amianto è stata una delle cause principali per lo sviluppo, negli anni, di una forma tumorale: oggi non esiste quasi più ma i lavoratori esposti a questo materiale, in passato, possono aver contratto un cancro anche molto tempo dopo. Le malattie correlate alle fibre di asbesto hanno colpito chi lavora nei cantieri navali, chi ha fatto il manutentore dei mezzi di trasporto ma sono molto a rischio anche coloro i quali lavorano nelle raffinerie, nella produzione di energia elettrica e in altri settori. "I tumori della pleura e del peritoneo (due sottilissime membrane sierose che avvolgono i polmoni e l’intestino) e quelli dell’apparato respiratorio rappresentano l’80% di tutti i tumori di origine professionale", ha spiegato al Corriere della Sera Diego Serraino, direttore dell’Unità di Epidemiologia oncologica dell’Irccs Centro di riferimento oncologico CRO di Aviano.

Chi si ammala

Dal 2009, alla lista di prima è stato aggiunto anche il tumore all’ovaio per l’esposizione all’asbesto. Altre neoplasie che si possono contrarre sul luogo del lavoro interessano le cavità nasali come nel caso della lavorazione del cuoio nell'industria del legno, della vescica (raffinerie) e dell’apparato digerente dell'industria dei metalli. I numeri sono preoccupanti: "Sono circa novemila gli uomini e tremila le donne che ogni anno in Italia si ammalano di un tumore causato da esposizioni a cancerogeni nei luoghi di lavoro", aggiunge Serraino. "Si tratta di stime statistiche che presentano, tuttavia, sostanziali incertezze dovute alle difficoltà di classificazione e segnalazione di tali tumori".

Il ruolo dell'informazione

L'esperto ha raccontato che nel 2018 l'Inail ha notificato 684 tumori cosiddetti "professionali" tra gli uomini e 91 nelle donne. C'è da dire, però, che soltanto una piccola parte è stata provata scientificamente e molti di questi sono stati contratti per le esposizioni di 30-40 anni prima, quando si lavorava con materiali e misure di sicurezza diverse rispetto a quelle attuali. "La quasi totalità dei casi gravi o mortali di malattie professionali è costituita da tumori, con pesanti conseguenze sociali soprattutto per le famiglie di lavoratori e lavoratrici". L'unico strumento per rallentare ulteriormente il rischio tumore è quello di informare. "Il piano nazionale della prevenzione 2021-2025 prevede alla linea 8 (“PP08 Prevenzione del rischio cancerogeno professionale”) un programma specifico per i tumori professionali".

Tutti i lavoratori devono fare la loro parte prevenendo ogni potenziale rischio ma la stessa cosa è compito (soprattutto) di aziende e datori di lavoro con controlli che siano regolari. Il rischio per i familiari c'è: negli anni scorsi, ad esempio, a rischiare maggiormente erano le mogli di chi lavorava con l'amianto. Oggi il pericolo è nettamente ridotto perché nè proibito l'uso ed esistono norme specifiche che proteggono la salute.

"Quando è indicato, per operai e impiegati a rischio e per le loro famiglie, i medici provvedono a fare visite ed esami specifici", ha concluso Serraino.

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