Coronavirus

Covid, l'esposizione ai Pfas può portare a forme più gravi

A lanciare l'allarme sui rischi dell'esposizione ai Pfas è uno studio danese, condotto su 323 pazienti positivi al coronavirus

Covid, l'esposizione ai Pfas può portare a forme più gravi

Si sono accesi nuovamente i riflettori sui Pfas e sulle possibili conseguenze dell'esposizione a queste sostanze. Ora uno studio danese, ancora in fase di revisione, ipotizza che gli stessi potrebbero essere responsabili di forme più gravi di Covid.

I Pfas, sostanze perfluoroalchiliche o acidi perfluoroalchilici, sono una famiglia di composti chimici utilizzati principalmente per rendere resistenti ai grassi e all'acqua diversi materiali, come tessuti, tappeti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti. Essi vengono usati, altresì, per rivestire le padelle antiaderenti e nella produzione di abbigliamento tecnico. Se smaltiti in maniera illegale, i Pfas penetrano nelle falde acquifere e, tramite l'acqua, possono raggiungere i campi e i prodotti agricoli.

Una ricerca, guidata dallo scienziato Philippe Grandjean e condotta in Danimarca su 323 positivi al Covid, ha evidenziato come i soggetti con livelli elevati di un composto chiamato acido perfluorobutanoico o PFBA avrebbero avuto più del doppio delle probabilità di ammalarsi di una forma grave di coronavirus. Gli studiosi hanno analizzato il sangue dei pazienti alla ricerca di cinque composti Pfas. Dall'indagine è emerso che solo la presenza di acido perfluorobutanoico era associata alla gravità dell'infezione. Infatti, più della metà di coloro che avevano contratto il virus in maniera severa presentava elevati livelli di PFBA nel plasma. Diversamente, meno del 20% di coloro che avevano sviluppato la malattia in forma lieve avevano livelli considerevoli della sostanza chimica in questione.

La scoperta dello studio danese potrebbe essere giustificata dal fatto che, sebbene il PFBA esca dal flusso sanguigno in maniera relativamente rapida, crea un accumulo nei polmoni, ovvero gli organi prediletti dal Covid. Secondo il Minnesota Department of Health questo composto, utilizzato nell'abbigliamento, nell'elettronica, nei cosmetici e nel lucido per i pavimenti, provoca cambiamenti nel fegato e nella tiroide. Inoltre, sarebbe in grado di causare una diminuzione dei globuli rossi nel sangue e del colesterolo, favorisce l'insorgenza di coliti ulcerose, di patologie fetali e di tumori ai reni e ai testicoli.

La relazione tra Covid e Pfas era stata evidenziata anche da un'altra ricerca, secondo la quale l'efficacia di alcuni vaccini anti-Covid potrebbe diminuire a causa di queste sostanze chimiche. Gli scienziati della Harvard School of Public Health hanno infatti scoperto come i bambini esposti a Pfas avessero concentrazioni di anticorpi significativamente ridotte dopo le vaccinazioni contro il tetano e la difterite. Uno studio di follow-up, effettuato su operatori sanitari adulti, ha poi riscontrato risultati simili, confermando la pericolosità di codesti composti purtroppo assai presenti anche in Italia.

Basti pensare che, nel 2013, un'indagine del Centro Nazionale per le Ricerche ne riscontrò una concentrazione cospicua nel fiume Po.

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