Latte materno, primo cibo e primo incontro d'amore

Il latte materno non è un prodotto ma l'attivatore di un processo biologico, si adatta al bambino ed è ricco di nutrienti anche nelle donne denutrite

Latte materno, primo cibo e primo incontro d'amore

Il seno e la mamma. L’allattamento materno come primo cibo per l’uomo e primo incontro d’amore. Quanto è in crisi oggi questa relazione?
Sullo sfondo c’è una modernità che sta soffocando ogni slancio vitale, sostituendoli con studi e teorie. L’effetto sono le giovani donne in difficoltà a gestire il proprio bambino appena nato. Ma non c’è come aprire una breccia su un problema per vederne la luce. A guidarci in questo cammino di consapevolezza è un’ostetrica dall’esperienza quarantennale che si definisce “levatrice”, Miriam Giacomini.

È vero che su nascita e allattamento non c’è nulla da imparare?

“Il grande danno che viene fatto alle donne è quello di far credere loro di ‘non sapere’ e che si debbano apprendere processi naturali come partorire e allattare. C’è stato un reset culturale. Ogni neonato 'sa' venire al mondo e ogni donna 'sa' come nutrirlo oltre che come partorire”.

La Natura come maestra?

“Sì. Si è scelto di dimenticare il progetto biologico che ci ha assegnato Madre Natura: i mammiferi femmina hanno il ruolo di perpetuare la specie. Se potessimo oggi chiedere alle nostre bisnonne come si allatta e quanto a lungo farlo, ci stupiremmo delle risposte. L’allattamento accade e poi finisce quando non è più necessario. A poco a poco si è messo da parte ‘il potere della natura’, sono arrivati i corsi di preparazione al parto e la tendenza a delegare ad altri, è la medicalizzazione delle nascite”.

A quando risale questo reset culturale?

“Il primo esperimento di separazione del cucciolo dalla propria madre è avvenuto con l’uomo. Nessun altra femmina del mondo animale abbandona il piccolo prematuramente. A partire dagli Sessanta si è iniziato a partorire in clinica e si sono diradate le nascite in casa, il momento nascita, affidato al personale sanitario, ha perso la sua spontaneità (certamente oggi è subentrato l'aspetto 'sicurezza' per questo oggi la maggior parte delle donne sceglie l'ospedale). Sono subentrati i nidi, l’ora dei pasti è stata decisa in base alle comodità, la stessa per neonati di due ore o piccoli di quattro giorni”.

Quindi si è anticipato il trauma del distacco?

“Lo si è creato. Ogni cucciolo si separa dalla madre quando è pronto. Prima gattona, o si alza appoggiandosi e, a un certo punto, cammina. Così funziona anche per il nutrimento al seno che risponde alla regola della domanda e dell’offerta: a più suzione corrisponde più produzione di latte. Una volte le puerpere restavano a disposizione del bimbo per 40 giorni, senza occuparsi d’altro se non del proprio piccolo, niente camicie da stirare, niente computer, niente occupazioni fuori casa. Un antico proverbio dice ‘la puerpera non tocchi l’acqua’ significava proprio che chi aveva appena dato alla luce un figlio non doveva lavorare. Fino al dopoguerra non c’era l’acqua corrente in tutte le case e ci si riforniva al pozzo…”

Perché molte donne trovano difficoltoso l’allattamento?

“La donna va accompagnata e sostenuta in questo passaggio (da giovane a madre) che, come tutti i momenti cruciali della vita, porta con sè una trasformazione. C’è il rischio di perdersi, c’è chi si sente inadeguata, chi si colpevolizza, chi si deprime, soprattutto oggi che non esiste più la famiglia allargata. La neomamma ha bisogno di tranquillità e riposo oltre che di ‘sentire’ il proprio nuovo ruolo”.

C’è un modo corretto di tenere il bimbo al seno?

“Sì, considerando che, in genere, i problemi dell’allattamento li risolve il bambino. Si prenda la mastite, l’infiammazione della ghiandola mammaria che può portare a febbre elevata e a dolore. Capita perché il seno è stato stimolato a produrre latte e poi, all’improvviso, è cessata la stimolazione. La soluzione, al di là degli antiinfiammatori, è riposizionare il piccolo in modo corretto. Ma il tutto non capita all’improvviso, prima di ogni mastite vi sono campanelli d’allarme da cogliere.”

Dunque, c’è bisogno di seguire le donne…

“C’è bisogno di non farle sentire sole. Avendo perso quel sapere innato, non essendoci più le donne all’interno della famiglia allargata che si tramandano le conoscenze l’una con l’altra, ci vuole sicuramente un sostegno al di là del compagno o delle madri. Chi lavora in ambito sanitario sa bene che occorre ripensare in modo radicale questo momento, l’allattamento deve tornare al centro come suggerì l’OMS con raccomandazioni disattese dal 1979. L’aiuto può arrivare anche da un’altra mamma, dalla Lega del Latte, dall’ostetrica che ha accompagnato la puerpera al parto. Non vi è un tempo standard con le istruzioni pronte all’uso. L’importante è la consapevolezza della neomamma che può superare il maestro come Giotto con Cimabue”.

Due parole sul nutrimento latte.

“Il latte materno non è un prodotto ma l’attivatore di un processo biologico modulare. Si adatta al bimbo, è diverso da una poppata all’altra ed è ricco di nutrienti anche nelle donne denutrite. All’inizio è colostro, un siero digeribile per lo stomaco del neonato e funge da lassativo. Modula la risposta di tutto il sistema immunitario, invia segnali chimici per calibrare il metabolismo, il sistema nervoso, l’assetto ormonale…”

Il gusto dipende da ciò che mangia la madre? Si dice che i cavoli diano un cattivo sapore…

“È una leggenda. Il latte materno è sempre giusto per il bambino in quel momento.

Sia il sapore che il colore variano nelle ore della giornata e anche da un figlio all’altro. Non c’è mai un ‘meno nutriente’ ma sempre un nutriente esclusivo per quel figlio in quella situazione. Possiamo dire che il latte materno è come l’amore, si moltiplica e non si divide”.

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