Meningoencefalite: che cos’è, cause e conseguenze

L’infiammazione di meningi ed encefalo può essere dovuta a diversi agenti: l’individuazione di questi ultimi è importante ai fini della terapia. Confusione, cefalea, vomito e rigidità muscolare sono alcuni dei sintomi della patologia

Meningoencefalite: che cos’è, cause e conseguenze

La meningoencefalite è un processo infiammatorio del sistema nervoso che colpisce le meningi e l’encefalo. Le prime sono le tre membrane (dura madre, aracnoide e pia madre), di natura connettivale, che circondano e proteggono l’encefalo e il midollo spinale. L’encefalo è l’organo spugnoso che comprende cervello, cervelletto e tronco encefalico.

Della patologia ha parlato, alcuni mesi fa, l'ex ballerino di Amici Kledi Kadiu: l'artista ha vissuto in prima persona il dramma della malattia che aveva colpito il filgio appena nato.

Le cause della meningoencefalite

Diversi sono gli agenti eziologici della patologia. Quest’ultima può essere infatti causata sia da virus, come ad esempio l’herpes, uno dei più diffusi, e l’AIDS, sia da betteri, tra cui il meningococco e la brucella. Non solo. A dare il via alla malattia possono essere anche i criptococchi, cioè lieviti patogeni, le amebe, organismi unicellulari, il toxoplasma, un protozoo parassita, e gli elminti, vale a dire i vermi.

I sintomi della malattia

Dal momento che l’infiammazione interessa l’encefalo, la meningoencefalite provoca anomalie comportamentali, confusione mentale, sintomi neurologici come atassia, emiparesi, afasia, movimenti involontari e deficit dei nervi cranici. Un altro campanello d’allarme è l’alterazione dello stato di coscienza, che può essere lieve ma può degenerare in stati molto gravi fino ad arrivare al coma.

A questi si aggiungono i tipici sintomi meningei: cefalea, vomito e rigidità muscolare.

Diagnosi e cura

Il trattamento della malattia è strettamente connesso alla sua eziologia. La diagnosi inizia con la ricerca dell’agente infettante da effettuarsi tramite esami. A seconda del tipo di germe responsabile, la terapia cambia e viene declinata per contrastare ciascuno di essi.

Purtroppo esistono forme di meningoencefaliti per le quali nella maggior parte dei casi non si riesce nemmeno ad iniziare una terapia a causa del decorso brevissimo della malattia. È il caso della Meningoencefalite amebica primaria: un’infezione rara, acuta e fulminante dovuta alla Naegleria fowleri. Il protozoo ama le acque dolci e calde e può penetrare nel cervello attraverso il naso. I sintomi iniziano entro 1-2 settimane dall'esposizione, a volte con alterazione dell'olfatto e del gusto. Segue poi una meningoencefalite fulminante, caratterizzata da cefalea, meningismo e alterazione dello stato mentale, che progredisce fino al decesso entro 10 giorni, di solito per erniazione cerebrale. Solo pochi sopravvivono.

Meno grave è invece la “meningoencefalite da zecche” (Tbe: Tick Borne Encephalitis), o meningoencefalite primaverile-estiva. La malattia è causata da un arborvirus, ma nella gran parte dei casi, dopo il morso dell'animale infetto, si manifesta un’infezione asintomatica o paucisintomatica, che può passare inosservata. A volte si ha invece una prima fase con sintomi simil influenzali come febbre alta, mal di testa, mal di gola, stanchezza, dolori muscolari e articolari per 2-4 giorni. Ma in genere poi non ci sono ulteriori conseguenze.

In pochi casi viceversa, dopo un intervallo senza disturbi di 8-20 giorni, inizia una seconda fase caratterizzata da disturbi del sistema nervoso centrale.
Nei bambini e nei soggetti più giovani la Tbe mostra generalmente un decorso più mite.
Esiste, per prevenire la malattia, il vaccino contro la Tbe.

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