Coronavirus

Numbing, cos'è l'intorpidimento da coronavirus

Paura ad uscire di casa e riprendere il contatto con la vita sociale. Così l'effetto dell'intorpidimento emotivo ci blocca dentro le mura domestiche

Numbing, la nube emotiva generata dal coronavirus

Quelle che si apprendono in questi giorni sul coronavirus sono notizie che lasciano ben sperare per la stagione estiva, sia perché da un lato le vaccinazioni vanno avanti in modo spedito, sia perché dall’altro, l’arrivo delle alte temperature ha l’effetto di allentare la morsa del virus. È questo il tempo di riprendere le abitudini di sempre, seppur con le precauzioni consigliate dagli esperti.

Si ritorna a riappropriarsi della propria vita sociale e, con essa, dei ritmi finora frenati dalla pandemia. Tutto questo non può che generare entusiasmo. Non tutti però riescono a percepire questo momento come una fase positiva. Anzi, tutto il contrario. Ci sono persone che convivono con la paura di uscire di casa e riprendere in mano la loro vita. A cosa è dovuto il timore? Perché questo malessere? In questi soggetti si è praticamente creato l’effetto “Numbing”, una sorta di nebbia emotiva che crea intorpidimento. A spiegare nei dettagli di questo problema su IlGiornale.it è lo psicoterapeuta Stefano Callipo.

Cos’è l’effetto Numbing?

"L’effetto Numbing consiste in un intorpidimento emotivo transitorio, spesso presente nei traumi. Alla sua origine vi è uno scopo protettivo atto a difenderci contro un trauma o la reiterazione di esso. Si tratta di una sorta di nebbia emotiva, la percezione di un ottundimento che si è manifestato soprattutto durante la prima fase di pandemia, a seguito del prolungarsi dell’isolamento sociale e del veloce cambio delle nostre abitudini. Aspetti che hanno concorso a farci vivere un vero e proprio trauma e i cui sintomi possono essere compatibili ad un Disturbo da Stress Post Traumatico".

In che modo ci protegge da un evento traumatico?

"La condizione di ottundimento ci protegge dalle emozioni estreme, una sorta di risposta emergenziale che il nostro corpo attiva automaticamente davanti alla reiterazione di un trauma, permettendoci di andare avanti. Un esempio può riguardare i sopravvissuti di un disastroso terremoto in cui si perde casa e famiglia o di survivors di guerra: lo stato di ottundimento permette loro di continuare a vivere. Nella fase pandemica tale condizione di ottundimento è stata sperimentata da molti di noi, perché siamo stati esposti ad un trauma prolungato, vivendo così in una sorta di “nebbia emotiva”.

Quali sono i rischi di un evento traumatico perpetrato nel tempo?

"Dopo un trauma o dopo l’esposizione prolungata a diversi traumi può insorgere il Disturbo Post traumatico da Stress (PTSD). Utile sapere tuttavia che gran parte delle persone che vive eventi traumatici, anche se reiterati nel tempo, può subire solo delle reazioni emotive transitorie che non necessariamente si trasformano in un Disturbo Post Traumatico da Stress".

Il Covid e il cambiamento delle abitudini è stato quindi come un trauma per molte persone?

"Certamente. Tre fattori principalmente hanno avuto effetti emotigeni sulla nostra mente. Il cambio di alcune delle nostre più importanti abitudini di vita quotidiana, la velocità con cui tale stravolgimento è avvenuto e l’incertezza della durata. Le abitudini per la nostra mente sono altamente protettive e, l’incertezza del futuro, non ha permesso a molti di vedere la luce in fondo al tunnel. Ecco perché molti soggetti, persino adolescenti, hanno manifestato sintomi depressivi e crisi di ansia. Da qui l’importanza di ripristinare, nel nostro contesto familiare e intrafamiliare, regole ed abitudini, per esempio evitando di spostare il nostro orologio biologico per non compromettere la regolarità del ciclo sonno-veglia".

Che effetti sta riscontrando in coloro i quali le stanno chiedendo aiuto?

"Le rispondo non solo come psicoterapeuta ma come Presidente nazionale dell’Osservatorio Violenza e Suicidio che con le sue sedi presenti in ogni regione, cerca di monitorare in modo sistematico lo stato psicologico degli italiani, dal Piemonte alla Sicilia. I sintomi maggiormente manifestati nelle fasi pandemiche sono stati disturbi del sonno, depressione adulta e adolescenziale, crisi di ansia, attacchi di panico, disturbi della condotta alimentare e in alcuni casi pensieri suicidari".

Come avvicinare queste persone in modo graduale alla vita di sempre?

"Importante ripristinare le regole della nostra quotidianità presenti nell’era precovid, partendo proprio dall’ambiente familiare, alzandoci e andando a dormire sempre alla stessa ora, mantenendo l’orario dei pasti di sempre, svolgendo regolare attività fisica, mantenendo le relazioni, condividendo pensieri e stati emotivi. Non sarà facile ritornare alla normalità, e sarà molto probabile che usciremo diversi dall’era Covid, perché tutto questo ci ha cambiati. Il post Covid non sarà meno impegnativo delle sue fasi precedenti, rimettere insieme i cocci di ciò che abbiamo vissuto non sarà facile".

Chi sono le persone che chiedono aiuto in termini di età, sesso e professione?

"Le categorie più colpite dalla fase pandemica sono le piccole imprese e le famiglie nella fascia di età 40/50 anni,principalmente per motivi economici. Ma vi sono anche gli adolescenti, i quali hanno visto stravolgere i loro delicati compiti evolutivi: dalla costruzione dell’identità, al bisogno di appartenenza al gruppo dei pari, ai primi amori e alla difficile gestione nella difesa del proprio spazio intimo e riservato all’interno della propria famiglia.

Per non parlare della loro esposizione a conflittualità tra i genitori, in un’epoca in cui non si riesce più a distinguere la coppia genitoriale da quella coniugale nel senso che quando due genitori litigano tra loro, i figli diventano invisibili e vengono esposti a condizioni fortemente ansiogene se non traumatiche di problemi che non appartengono a loro".

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