Ormai se ne parla di meno ma il Covid-19 nella sua variante Omicron esiste in tutto il mondo e continua a circolare, sebbene con una letalità nettamente inferiore rispetto al passato grazie ai vaccini. In ogni caso, il bollettino quotidiano conta ancora dei morti ai quali non ci si potrà mai abituare. Ma perché alcuni soggetti sono colpiti in maniera diversa a parità di età e forma fisica generale? La risposta la dà la medicina spiegando che coloro i quali hanno auto-anticorpi che vanno contro la barriera protettiva che fornisce, in maniera naturale, l'interferone, hanno maggiori probabilità di contrarre forme gravi e rischiano la morte.
Qual è il ruolo dell'interferone
Oltre all'età che, con il suo aumentare, espone i soggetti a rischi maggiori, chi possiede questa barriera protettiva messa a dura prova, però, da questi anticorpi, ha certamente le difese immunitarie più basse e fragili. Come dicono numerosi studi, il tasso di letalità aumenta del doppio ogni 5 anni anche se molti meccanismi con cui Sars-CoV-2 colpisce gli anziani sono ancora sconosciuti. Il tema dell'interferone è stato riscontrato da alcuni studiosi francesi che hanno rilevato questa correlazione tra auto-anticorpi e decessi. Si tratta di una proteina naturalmene presente nel nostro sistema immunitario che viene prodotta dopo un'infezione o dopo un tumore ed è di fondamentale importanza nelle prime fasi perché attiva quello che si chiama "sistema immunitario innato", che cioé esiste a priori agli anticorpi forniti dai vaccini.
Quali sono gli eventi a catena
Come ricorda Repubblica, i segnali che viene attivato l'interferone sono i classici sintomi febbrili oltre a gonfiore e arrossamento. Successivamente si attiva il "sistema adattativo" che combatte e vince l'infezione virale: questo sistema produce linfociti T, B e anticorpi, è uno dei più completi. È chiaro, quindi, che senza o con poco interferone, il Covid-19 si trova un'autostrada libera per far danni. I ricercatori hanno scoperto, infatti, che la maggior parte dei pazienti deceduti avevano alti livelli di auto-anticorpi contro l'interferone che hanno collegato alla severità della malattia.
Gli stessi risultati sono stati riscontrati anche da alcuni trials clinici brasiliani che hanno dimostrato come somministrare l'interferone nei soggetti più fragili ed esposti a malattia severa abbia ridotto della metà la possibilità che finissero in ospedale o avessero conseguenze ancora peggiori.
In questo senso, lo studio francese è una prosecuzione naturale di quello brasiliano: "auto-anticorpi contro l'interferone sono un potente indicatore del rischio di morte per Covid-19", spiegano gli esperti. In questo modo, si può aiutare la popolazione più fragile a prevenire eventuali complicanze.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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