Salute

Protesi d'anca più efficaci

Gli speciali rivestimenti McMinn offrono concreti vantaggi ai pazienti

Luigi Cucchi

Ogni anno in Italia vengono effettuati più di 100mila interventi protesici all'anca e il numero cresce al ritmo del 5% annuo. Grazie ai nuovi materiali capaci di resistere efficacemente all'usura, aumenta il numero degli interventi anche nei giovani. Oggi si è ridotta la durata della degenza a beneficio del paziente e dei costi ospedalieri. Ne parliamo con il professor Antonio Moroni, rientrato da Orlando, in Florida, dove ha partecipato al Meeting annuale dell'AAOS, l'associazione degli ortopedici americani (presenti oltre 30mila specialisti) con una relazione sulla metodica di rivestimento McMinn. Moroni, oggi attivo presso il Dipartimento QUVI dell'università di Bologna, ha prestato la propria attività assistenziale presso gli Istituti ortopedici Rizzoli dal 1986 al 2010. Ora dirige il Centro di chirurgia di rivestimento dell'Anca dell'Istituto Clinico San Siro di Milano (www.profantoniomoroni.com). Ha eseguito come primo operatore più di 7mila interventi. «L'artroplastica di rivestimento dell'anca afferma il professor Moroni è una tecnica alternativa alla protesi d'anca tradizionale. Permette di preservare la testa del femore consentendo ai pazienti un rapido recupero funzionale con la possibilità di ritornare ad eseguire attività anche pesanti, compresa l'attività sportiva e senza il rischio delle complicanze che si verificano con le protesi tradizionali, come la lussazione e la differenza di lunghezza delle gambe». La casistica del professor Moroni conta più di 3mila operazioni di rivestimento, la più ampia casistica italiana, e la quarta al mondo per quantità di impianti. Il rivestimento dell'anca metallo/metallo è stato sviluppato negli anni 90 in Inghilterra a Birmingham dal dottor Derek McMinn che ha introdotto nella pratica clinica la BHR. L'usura di questi impianti di rivestimento, durante i risultati ottenuti con le protesi McMinn in più di 15 anni, è significativamente più bassa, 98% nei pazienti maschi e 92% nelle pazienti femmine, a differenza di quello che si verifica per le protesi tradizionali che sono più invasive, contemplano la resezione della testa del femore e non riescono a riprodurre una corretta anatomia dell'anca. Per avere un buon risultato è indispensabile rivolgersi a chirurghi esperti. Il rivestimento dell'anca è infatti una tecnica chirurgica difficile da apprendere e che richiede un'elevata precisione chirurgica. «L'artroplastica di rivestimento precisa Moroni prevede l'impiego di due sottilissime cupole metalliche nel bacino e sulla testa del femore, sostituendo così la sola cartilagine usurata. Questo procedimento chirurgico permette la conservazione sia della testa che del collo del femore, che vengono invece asportati nell'intervento di protesi d'anca. Con questo intervento il consumo, che è la principale causa di fallimento delle protesi, è minimo, elemento importante ai fini della durata nel tempo. La protesi all'anca ha una lunga storia: i primi tentativi di impiego di una protesi artificiale sono registrati in Germania nel 1891. Il professor Temistocle Glück presentò uno studio in cui utilizzò l'avorio per sostituire le teste femorali di pazienti le cui articolazioni erano state distrutte dalla tubercolosi. Nel 1925, il chirurgo americano Marius Smith-Petersen creò la prima protesi a stampo di vetro.

Solo nel 1960 il chirurgo ortopedico Sir John Charnley, al Manchester Royal Infirmary inventò la prima protesi di anca il cui disegno è il precursore delle protesi moderne.

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