Salute

Terapia ormonale sostitutiva e cancro al seno: quali sono i rischi?

Nonostante l'esito di una revisione di studi pubblicata sulla rivista The Lancet, in Italia la paura è dura a morire. Solo il 5% delle donne, infatti, ricorre alla TOS

Terapia ormonale sostitutiva e cancro al seno: quali sono i rischi?

Con l'arrivo della menopausa, l'evento fisiologico che corrisponde al termine dell'età fertile, il livello di ormoni presenti nel corpo delle donne subisce una drastica riduzione e compaiono sintomi che possono condizionare anche severamente la vita quotidiana. Tra le manifestazioni tipiche si ricordino: vampate di calore, sbalzi d'umore, insonnia, aumento di peso, secchezza vaginale, dolori muscolari, fragilità ossea, ritenzione idrica. Una soluzione per affrontare con maggiore serenità questo delicato passaggio (e per debellare quanto più possibile i vari disturbi) è il ricorso alla terapia ormonale sostitutiva (Tos) che, come dice la parola stessa, sostituisce gli ormoni non più prodotti, ovvero gli estrogeni e i progestinici. La Tos prevede sia l'assuzione di entrambi questi ormoni, sia quella dei soli estrogeni sotto forma di pillole, cerotti, gel, creme e ovuli vaginali. Ogni donna deve decidere assieme al proprio medico la modalità per lei migliore, valutando della stessa i pro e i contro.

La terapia ormonale sostitutiva può essere utilizzata in maniera ciclica, prendendo un dosaggio appropriato di estrogeni ogni giorno e di progestinico solo durante gli ultimi 14 giorni del mese, oppure in maniera continua. I benefici della cura necessitano di alcune settimane per manifestarsi e all'inizio della terapia, spesso, compaiono effetti indesiderati che tendono a risolversi spontaneamente dopo qualche tempo: gonfiore, nausea, aumento della sensibilità al seno, sanguinamento vaginale, sbalzi d'umore, crampi alle gambe, emicrania, difficoltà digestive. Come tutte le terapie farmacologiche, anche la Tos non è esente da rischi. Con la sua assunzione, infatti, aumenta la probabilità di avere un ictus, una trombosi venosa e di sviluppare un tumore al seno. In particolare la correlazione tra terapia ormonale sostitutiva e carcinoma mammario è ormai nota, soprattutto a fronte di un utilizzo protratto nel tempo.

Nonostante l'esito di una revisione di studi pubblicata sulla rivista The Lancet che, pur confermando che le probabilità di ammalarsi risultano di poco più elevate fino a dieci anni dopo aver sospeso l'assunzione di ormoni e pur escludendo qualsiasi allarmismo, in Italia la paura è dura a morire. Infatti, non più del 5% delle donne in menopausa ricorre alla Tos. Eppure se tra i soggetti che non la seguono ad ammalarsi tra i 50 e i 69 anni è all'incirca uno su 16, l'aumento della probabilità di sviluppare la neoplasia, secondo la revisione poc'anzi citata, varia con le diverse terapie. Il maggiore incremento, dunque, riguarderebbe le donne che fanno regolarmente ricorso a farmaci a base di estrogeni e progesterone. Il rischio cala se si segue la cura in modo non continuato o se se si utilizzano solo estrogeni. La possibilità di sviluppare un tumore al seno, inoltre, sarebbe doppia tra le pazienti che assumono la terapia ormonale sostitutiva per dieci anni anziché per cinque, come indicato nelle principali linee guida. Il rischio è nullo per chi ricorre agli estrogeni per uso vaginale.

Questi, infatti, il più delle volte non raggiungono il circolo sanguigno.

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