Esiste ormai un caso Goliarda Sapienza - trascurata nella storia della recente letteratura - che non ammette deroghe né rinvii. Narratrice e attrice teatrale (Catania 1924 - Gaeta 1996), straordinaria figura del femminismo italiano, cominciò col teatro giovanissima, giungendo a Roma per frequentarvi lAccademia darte drammatica, e imporsi come applaudita interprete di vari ruoli pirandelliani (memorabile fu la sua Ersilia Drei di Vestire gli ignudi). In seguito al lungo legame con Francesco Maselli sinteressa attivamente di cinema, davanti e dietro la macchina da presa. Esordisce come narratrice nel 1967 con Lettera aperta, testimonianza struggente della sua infanzia siciliana; per poi riversare ne Il filo di mezzogiorno (1969) lininterrotto colloquio psicoanalitico fra la protagonista, sradicata alter ego di Goliarda dalla Sicilia a Roma, e il suo medico curante (queste due prime prove sono state recuperate nel 97 e nel 2003 da Sellerio e La Tartaruga). Nell83 dà alle stampe L'Università di Rebibbia (il carcere romano dove realmente fu rinchiusa) ristampato lanno scorso nelle collana rizzoliana de «La Scala» (pagg. 196, euro 16), primo resoconto dallinterno del purgatorio di una detenzione; puntigliosamente sofferto, e dunque redento dai due opposti estremismi del realismo caricato e del soffuso idealismo: «Qui le categorie del valore di ognuno vengono alla luce con una chiarezza assoluta, e non cè modo di nascondere la nostra natura». Dell87 è invece il lungo racconto Le certezze del dubbio, che disvela la difficile riconquista della libertà, recuperata ma ancora insidiata dalla vita: quel di fuori che dentro era un miraggio, eppure rivissuto riaggrega un incubo. E quella voglia densa e strana di non disperdere lesperienza condivisa della galera, e amicizie nate dolorosamente pure, selvagge, assolute. Complicità, trasgressione, suspense stessa dellio.
Appena rieditato, sempre da Rizzoli, Le certezze del dubbio (pagg. 192, euro 16,50) diventa così lossimoro stesso del suo impegno più vero, la salvezza dentro e dopo il pubblico ludibrio: «Ecco che cosa avviene in quello stato che si chiama detenzione: la realtà, ricerca di soldi, doveri, etiche, viene tagliata fuori riportandoti alla esuberanza autonoma delladolescenza».
Pian piano la fama barricadera e sapienziale di Goliarda si consolida, al punto da indurre importanti critici ed editori, ad un decennio dalla sua scomparsa, a lodare e ristampare le opere migliori, con lamorevole cura del suo ultimo compagno, Angelo Pellegrino (presentatore nel 2003, da Stampa Alternativa, del romanzo inedito Larte della gioia, cui Goliarda attese per quasi trentanni). «Il tempo - giurava Cesare Garboli - lavorerà a favore dei libri di Goliarda Sapienza». Dove per libri si intende i vari testi di un unico ciclo romanzesco, Una donna del Novecento, sorta di denudata autobiografia in fieri: «Non ripensata cioè con falsa prospettiva unitaria in età matura - precisa Pellegrino - ma intenta ad illustrare le inevitabili contraddizioni del proprio essere».
Era insomma una donna cui ormai non bastava la famosa «Stanza tutta per sé» teorizzata da Virginia Woolf, ma molto più urgeva abitare tutto il mondo, addomesticare lo spazio universale, il carcere sterminato di tutti i problemi e le utopie.
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