E ti pareva: anche i Grammy Awards si accodano alla più imponente delle celebrazioni postume, quella a Steve Jobs. Premio alla memoria.
Gli organizzatori del più prestigioso riconoscimento della musica americana (e quindi mondiale) lo hanno annunciato ieri precisando anche le motivazioni: «Ha contribuito a creare prodotti e tecnologie che hanno trasformato il modo di consumare la musica, la televisione, i film e i libri». Insieme con lui, in una curiosa e malaugurante unione, saranno premiati Tom Jobim, morto nel 1994, e Diana Ross che invece è viva e vegeta anche se musicalmente in pensione. Adesso, ovvio, cè chi è daccordo e chi no. Chi saluta la drammatica innovazione che discende dalle «invenzioni» di Jobs e chi invece ne sta ancora lamentando il trauma. Ma come, un premio a chi, seppur con genialità, ha drammaticamente modificato il mondo della musica? Per capirci, sul web è unapoteosi di evviva. Nelle case discografiche azzoppate dalla crisi, molto meno. Idem fra gli artisti, divisi tra chi ha costruito la propria carriera anche grazie a iTunes e chi, di solito non proprio giovanissimo come Eagles e Ac/Dc, ha dovuto invece fare i conti con la rivoluzione. Ad esempio Jon Bon Jovi, oltre cento milioni di dischi venduti, a marzo ha detto testuale: «Steve Jobs è personalmente responsabile di aver ucciso lindustria musicale». Forse un po esagerato.
Dalle nostre parti, la battuta migliore, quella che rende meglio lidea, è forse quella di Francesco Renga, contento del premio «anche se il personaggio mi sembra già fin troppo santificato», ma «la consegna a lui del Grammy Award mi sembra un po come se linventore della radio Guglielmo Marconi premiasse linventore della tv, John Logie Baird». Ottima immagine. Molto più distaccato Alessandro Massara, presidente di Universal Italia: «La rivoluzione è stata più che altro tecnologica e non artistica. E secondo me è larte, più della tecnologia, che deve restare al centro dellattenzione». Come a dire: va bene tutto, ma non dimentichiamo che i Grammy Awards sono pur sempre gli oscar della musica e non del modo di ascoltarla o venderla. Ancora più categorico Marco Alboni, presidente di Emi: «Intanto bisogna dire che, con liPod, Steve Jobs ha inventato il giradischi del futuro. Ha rovinato lindustria musicale come dice Bon Jovi? Il problema non sono certo liPod o iTunes.
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