Milano, 23 aprile 2009. Lemozione la tocchi quando tra piazza Duomo e galleria Alberto Sordi, in pieno pomeriggio, incontri maglie e sciarpe blucerchiate che ti sembra quasi di essere nei dintorni di Marassi. Lemozione la vivi quando arrivi in zona San Siro ma lintercalare che senti ripetere più spesso è «belìn». Lemozione la provi quando entri al «Meazza», la scala del calcio, e senti cantare lArmata. Quello che più porterò con me della semifinale di coppa Italia è proprio lesodo festoso dei quindicimila (non vorrei esagerare ma ad occhio secondo me erano anche di più) che hanno invaso San Siro.
Perché ancora una volta cè una tifoseria che ha dimostrato di essere allaltezza di grandi traguardi che ha saputo cantare ed incitare per novanta minuti, rendendo quasi sterile lapporto che laltra parte di stadio, quella che giocava in casa, ha tentato di tributare ai suoi giocatori.Una lezione di stile, un manuale su come va fatto il tifo, su come organizzare una trasferta pacifica. Quei canti, quelle urla, le bandiere blucerchiate che sventolavano in tutti i settori (...)
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