San Basilio, le ruspe spazzano le baracche

San Basilio, le ruspe spazzano le baracche

Claudio Pompei

Quella rappresentata dalla massiccia presenza di nomadi nella capitale è un’emergenza che dura da decenni e procura grattacapi a chi, di volta in volta, è chiamato a occuparsene. Qualche anno fa, quando fu smantellato il Casilino 700, considerato il più grande campo sosta d’Europa, l’allora sindaco Francesco Rutelli chiese aiuto al prefetto e al questore per mettere su una task force adeguata. Da allora si è sempre ripetuto, e anche l’attuale sindaco Walter Veltroni l’ha lasciato intendere in qualche occasione, che la strategia da seguire è quella di evitare campi sosta troppo grandi, perché diventano incontrollabili, e puntare, piuttosto su aree di accoglienza attrezzate, ma più piccole. I fatti di questi ultimi giorni, però, fanno ritenere il contrario.
Nel giro di poche ore il sindaco ha fatto smantellare con le ruspe due piccoli insediamenti di Rom: il primo in via Luigi Nono, a Tor Sapienza, dove Veltroni è andato a fare un piccolo bagno di folla tra gli abitanti della zona esasperati da undici anni di soprusi e forzata convivenza con gli zingari. Da via Nono sono stati fatti sgomberare poche decine di persone. Ieri mattina è stata la volta di un altro mini-insediamento nel territorio del V municipio. Non è dato sapere se anche in quest’ultimo caso il sindaco abbia incontrato gli abitanti della zona per trarne qualche vantaggio di immagine. L’unica cosa certa è che si è beccato una dura reprimenda dai suoi amici della Comunità di Sant’Egidio i quali, pur senza nominarlo direttamente - forse per carità cristiana - ne hanno criticato le decisioni. «Con un tempismo che solo alla burocrazia può riuscire, questa mattina (ieri, ndr), a ridosso di un altro intervento solo di alcuni giorni fa, in concomitanza con l’arrivo del freddo - protestano in una nota i volontari della Comunità - sono state sgomberate da via Aldisio a San Basilio una quindicina di famiglie di zingari, un centinaio di persone metà delle quali bambini». Le baracche dei nomadi - si legge ancora nella nota ripresa dall’agenzia Ansa - sono state «rase al suolo da ruspe e alle famiglie rom non è stata presentata nessuna formale ordinanza di sgombero o sfratto». La Comunità di Sant’Egidio ritiene “immotivato” lo sgombero e “non compatibili” con il livello di civiltà di una città come Roma iniziative che «colpiscono famiglie insediate da anni nel tessuto comunale senza un progetto organico, contestuale di accoglienza». La Comunità chiede quindi immediati interventi di assistenza per le famiglie rimaste senza un riparo e l’apertura «di un tavolo urgente con le istituzioni per individuare soluzioni alternative e praticabili, per la dignità della città e delle persone coinvolte».


Viene spontaneo chiedersi se esista un piano di riordino dei campi sosta. In Campidoglio non se ne è ancora parlato. Né si conoscono le risorse finora usate e quelle eventualmente stanziate per affrontare il problema. Con buona pace della trasparenza.

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