San Camillo, l’ora degli sprechi

Al San Camillo-Forlanini la corsia più battuta è quella degli sprechi. Anziché valorizzare le dotazioni della struttura e incentivare il personale tramite un sistema di premi aggiuntivi, infatti, l’attuale dirigenza dell’azienda ospedaliera ha preferito affidare parte delle prestazioni sanitarie all’Asmep, un centro poco funzionale e dagli ambienti angusti, sprovvisto di attrezzature di primo livello e per giunta collocato nel territorio di un’altra Asl. Gli esiti di una siffatta strategia sono stati tutt’altro che confortanti: a fronte di un esborso vicino agli 85mila euro, infatti, di benefici reali per i cittadini non se ne sono visti, anzi i tempi per usufruire di prestazioni specialistiche ambulatoriali e diagnostiche si sono addirittura allungati.
A denunciarlo è Massimiliano Maselli, capogruppo dell’Udc in Consiglio regionale. «Quanto di buono era stato fatto nelle due precedenti gestioni - spiega - è stato completamente cancellato. La direzione ha cancellato il progetto di snellire le liste d’attesa utilizzando a pieno regime i macchinari e lo ha sostituito stipulando una convenzione con una struttura che non fornisce garanzie accettabili e, per giunta, non è accreditata». Oltre al diffuso malcontento del personale ospedaliero, dunque, da tale politica sono derivate difficoltà tangibili per gli utenti, costretti a sobbarcarsi gli spostamenti per raggiungere via Pomponazzi, la sede dell’Associazione per lo sviluppo della medicina preventiva, che tra l’altro è sorta negli stessi locali di una sezione della Camera del lavoro della Cgil. «Qui - rincara la dose Maselli - ci troviamo di fronte a un atto di piena discrezionalità, a un esempio palese di favoreggiamento tipico di un sistema clientelare. La sanità regionale, per contenere la spesa, ha bisogno di interventi strutturali che puntino a una razionalizzazione in tutte le aziende». Esattamente l’opposto di quanto fatto al San Camillo-Forlanini, come sottolineato anche dal sindacato di base Rdb-Cub.
«Il 60 per cento dei costi delle aziende sanitarie sono determinati dagli acquisti per servizi quasi sempre inappropriati - denuncia il sindacato - la convenzione del San Camillo con l’Asmep ne è un chiaro esempio, sia in termini economici che di conformità alla legge».

A fronte di un risparmio minimo per ciascuna tac o risonanza, a quanto sembra, si finisce per pagare un prezzo molto più alto in termini di demotivazione del personale, perdita d’immagine complessiva della struttura e aggravio dei disagi per i cittadini.

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