San Cirillo protegge Prodi

Ma non le ho già dato ragione, caro Alzani, ammettendo d’aver toppato nel fantasticare una precipitosa fine del governo Prodi? Nell’illudermi che l’omarino non avrebbe mangiato il panettone a Palazzo Chigi? Cosa fa, gira il coltello nella piaga o mi lancia una nuova sfida sostenendo - non ho capito se con raccapriccio o con esultanza - che l’omarino di panettoni ne mangerà, sempre a Palazzo Chigi, altri quattro? Le rispondo a ridosso del fatidico 14 novembre, giorno in cui, stando agli oracoli, Prodi dovrebbe inciampare, ruzzolando, sulla Finanziaria. Mi prendo dunque dei bei rischi, ma chi non risica non rosica. Cominciamo allora col dire che il governo sta morendo da 550 giorni, dal momento del suo insediamento. E che tutte le sue energie non sono indirizzate a governare il Paese, ma a tenersi in vita (esemplare l’ultima trovata: l’assunzione nei ranghi statali di un esercito di precari. È indubbio che ai fini della sopravvivenza il provvedimento valga più del pur miracoloso siero Bogomolez, ma come la mettiamo col prodesco imperativo di «costruire il futuro» indebitandolo fino al collo?). Secondo: a volere il prepensionamento di Prodi e della centuria governativa non è solo l’opposizione, ma anche una rilevante aliquota della maggioranza nella quale va collocato, e ciò al di là di ogni ragionevole dubbio, l’Uomo della Provvidenza chiamato Walter Veltroni. Una condizione così stralunata da non consentire che possa durare in eterno o, per dir meglio, durare ancora per quattro anni. E non solo per motivi di decenza, ma anche tecnici (incluso il prelievo e riconsegna a domicilio dei senatori a vita).
E allora, perché diavolo abbiamo un governo scombiccherato che nessuno vuole? Perché falliscono una dopo l’altra le spallate della pur gagliarda destra e risultano inefficaci i bocconi avvelenati di una sinistra assai esperta in tiri mancini? Pur consapevole dell’azzardo (il fatidico «mercoledì nero», 14 corrente mese) resto della mia idea, caro Alzani: la volontà di congedare Prodi c’è e spallate e bocconi avvelenati avrebbero da un pezzo avuto buon esito se non ci avesse messo una mano San Cirillo. Che si festeggia il 28 ottobre ed è giusto a quella data che nel 2008 scatteranno le pensioni (minimo 3.108, massimo 9.947 euro) per i 945 parlamentari della XV legislatura.

E siccome gli onorevoli deputati e senatori tengono famiglia, siccome sarebbe un vero peccato rinunciare a quel grisbì solo per anticipare di qualche mese la messa da requiem per Prodi, i casi sono due: o un governicchio istituzionalicchio che con la scusa della riforma elettorale annaspi fino ad agosto (per votare dopo il 28 ottobre), oppure Prodi, ancorché consapevole di doversi prendere più botte del pupazzo della Sagra del Saracino, fino a San Cirillo resta lì dov’è.

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