San Colombano, fughe d’estate sul colle dei vini doc

A mezz’ora di auto da Milano è il luogo ideale per una gita fuoriporta. Da vedere il Castello del X secolo e i vigneti di pinot, barbera e malvasia

Giorgio Scaglia

Fino al VII secolo il borgo si chiamava Mombione poi cambiò nome in onore di un monaco irlandese che vi soggiornò per qualche tempo. Completamente circondato da paesi targati Lodi, San Colombano è rimasto in provincia di Milano dopo un referendum voluto anni fa dai suoi residenti in cui l’opzione milanese passò a grande maggioranza.
Da qui ci si arriva in mezz’ora e può costituire una gita piacevole in queste serate agostane: c’è da vedere il borgo antico con il castello che risale al X secolo, da respirare l’aria fresca immersi nel verde delle vigne. Da secoli, infatti, grazie ai Visconti e ai Belgioioso, ma soprattutto ai tenaci viticoltori, la vite è la regina di queste contrade e ha segnato la storia e la cultura dei paesi collinari che oggi producono vini piacevoli, gli unici di tutta la provincia milanese, sempre più apprezzati dagli appassionati di enologia.
Benché poco elevata, solo 147 metri, la collina con i suoi dolci pendii offre condizioni ottimali per la produzione di vini, tanto da essere premiata nel 1984 con il riconoscimento di zona Doc. Tra i vitigni coltivati spiccano la croatina, la barbera, la malvasia e la verdea, quest’ultima conosciuta come «l’uva d’oro», mentre da qualche decennio e con ottimi risultati sono iniziate le coltivazioni di pinot nero, di cabernet sauvignon e ranc, di merlot e di chardonnay. Il vino doc «San Colombano» è prodotto con le uve rosse legate alla tradizione della collina: croatina, dal 30 al 45 per cento, barbera, dal 25 al 40 per cento e uva rara, dal 5 al 15 per cento. Possono concorrere fino ad un massimo del 15 per cento altre uve rosse. Con la vendemmia 1995, la zona di produzione è diventa l’Igt «Collina del Milanese». Un riconoscimento importante, perché con questa indicazione vengono proposti soprattutto i vini monovitigni: verdea, riesling, malvasia, pinot, chardonnay, Barbera, cabernet sauvignon e merlot: vini fermi, frizzanti, giovani, freschi e fruttati ma anche piccole partite invecchiate in botte o piccoli carati, qualche ottimo spumante, charmat e metodo classico.
Si tratta di vini tipici, personalizzati, prestigio e vanto di ogni cantina, prodotti con passione e professionalità. Carlo Pietrasanta, ad esempio, fa un eccellente pinot nero a cui la barrique dà morbidezza e personalità, mentre i Poderi di San Pietro spiccano con il loro Trianon, un taglio bordolese di grande spessore. Ma ogni produttore, il consorzio ne conta 13, ha la sua etichetta di pregio, il suo rosso da invecchiamento.
La gastronomia è quella tipica della bassa lodigiana, dove trionfano salumi e formaggi, in genere, piatti sapidi e gustosi. Per una cena come si deve potete andare all’Osteria del Castello, tel. 0371 201091, annessa all’antico maniero, con bella terrazza esterna, cantina ricchissima e menù sfizioso in cui potete trovare piatti come il salmerino marinato su misticanza di asparagi o la pancetta arrosto con cipollotti all’aceto balsamico.
Un altro indirizzo sicuro è Il Giardino, in via Mazzini 43, tel. 0371 89288, vero tempio della cucina locale: situato in una vecchia casa settecentesca in pieno centro, propone l’atmosfera affascinante delle trattorie di un tempo. Da non perdere gli antipasti caldi e freddi e la «raspadura» di formaggio. Entusiasmanti i tagliolini con il porro, le conchiglie con salsiccia e cipolle, la zuppa di funghi, patate e porri e la vasta gamma di tortelloni.

Se c’è ancora posto nello stomaco, provate il ganassino al vino rosso o il friccandò di vitello, fatto davvero come una volta.

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